mercoledì 19 dicembre 2012

MENTEMARKET di Marco Polani



Un mercatino sociale dove artisti e cultori si incontrano per esporre le proprie opere: dal vintage ai gioielli, alle borse, alla bigiotteria, ai sapori, alle creazioni natalizie ed artigianali, dai libri ai prodotti artistici e di design. È ciò che è stato organizzato al Mentelocale (Palestrina) domenica 16 Dicembre. Un’ottima organizzazione (Mentelocale 2.0 in collaborazione con LOKO) con prodotti artigianali, fatti per passione più che per lucro, con la finalità di condividere la propria arte. Arte intesa nel senso più ampio del termine ed applicata indiscriminatamente a tutti i campi. L’affluenza di una numerosa fetta di pubblico ha testimoniato la riuscita dell’evento, ma soprattutto ha sottolineato il sempre più grande interesse al prodotto locale (non solamente alimentare, ma anche artigianale).
Ciò che qui si crea, qui si espone.

Una concezione inversa rispetto alla connotazione negativa della globalizzazione. È infatti un esempio di forte creatività locale, voglia di mettersi sul mercato con la propria arte, essere competitivi con i propri prodotti in primo luogo nel proprio paese, ma non necessariamente solo in questo. Sfruttare la globalizzazione non solo per importare, ma soprattutto per esportare.
Ripartire dal locale quindi.

Un ottimo aperitivo ed una buona musica hanno accompagnato l’esposizione dei prodotti. Particolarmente interessante è stata la sezione album/dischi musicali, alcuni “pezzi rari”, così come l’angolo “moda” allestito sul palcoscenico del locale, o meglio ancora le produzioni alimentari locali (olio ecc). Tutta l’oggettistica nel complesso è risultata accattivante: portapenne, segnalibri, agende, tutti elementi semplici, ma che, parallelamente a cellulari, pc e tecnologie varie, ci accompagnano in tutte le azioni quotidiane.



martedì 11 dicembre 2012

I SEGRETI DEI PALAZZI DEL POTERE DI ROMA (un racconto autobiografico di Umberto Croppi) DI MARCO POLANI


Come ogni lunedì, il risveglio è stato duro e faticoso.. la sveglia ha suonato inutilmente per andare a lavoro.. ci ha pensato mia madre a fare da sveglia: “alzati, hai sentito ieri Umberto? Alle 7 stava al treno a Zagarolo per andare a fare l’assessore a Roma”
Foto di Silvana Santi

Ieri al Circolo Culturale Prenestino “R. Simeoni” abbiamo presentato, insieme a L’Indiscreto Magazine, il libro “Romanzo Comunale” di Umberto Croppi. Questo il preambolo che avevo fatto sul numero di Dicembre de L’indiscreto: “ Il libro affronta un tema politico sicuramente, ma in esso possono scorgersi delicati equilibri, psicologie, tattiche, strategie, marketing, delusioni, tradimenti (affascinante è stato tutto il capitolo dedicato alla campagna elettorale di Alemanno) che sdoganano la politica da una visione negativa (si pensi all’antipolitica imperante), riportandola ad un’alba dorata: ripensiamo a Platone, Plutarco, Marx, Machiavelli, Hobbes, Locke ecc…” . Un preambolo che non è stato deluso; gli argomenti trattati sono stati molti e vari ed, ovviamente, anche politici. Dopo il mio benvenuto ai numerosi presenti ho lasciato la parola ad Emanuele Venditti che ha ripercorso a grandi linee la storia politica di Croppi, soffermandosi più volte sul tema culturale, nello specifico su quello cinematografico, sottolineando tutto l’apporto ed il contributo che l’Assessore alla Cultura di Roma ha fornito per internazionalizzare la Capitale e riportarla a splendori che sono andati persi nel tempo. Subito dopo Alessandra Mammì, giornalista de L’espresso è entrata nel merito della diatriba Croppi – Alemanno, riportando alcuni episodi specifici per poi passare la parola all’autore del libro, che ha sottolineato ancora di più, con tono molto enfatico il suo ruolo all’interno della Giunta Alemanno.
Foto di Silvana Santi

Mi lascio andare a qualche considerazione che è emersa durante la conferenza, ma soprattutto durante il dibattito successivo.. numerosi sono stati gli interventi (fortunatamente) che hanno fatto slittare l’aperitivo finale alle 20.00.. siamo andati un po’ lunghi con i tempi, questo a sottolineare l’interesse per un argomento, la politica, al giorno d’oggi facilmente preda di connotazione negativa.

Ho acceso subito la discussione ponendo due questioni sottolineate da Croppi nel libro:
1-      Il passaggio dalla sponsorship alla partnership, quindi il ruolo (marginale, ma necessario) del privato sulla cosa pubblica, sapientemente argomentato da Umberto Croppi con esempi specifici ed importanti: quindi una parentesi aperta sui parchi tematici, un parallelo tra Parco Giochi di Valmontone (era presente in sala anche l’On. Angelo Miele) e il Museo Archeologico di Palestrina, così come l’idea di Cutrufo a Roma di creare il parco tematico di Roma Antica. La risposta dell’ex assessore è stata semplice e chiara, cito una sua intervista del 25 Gennaio 2011 su “Affari Italiani”: “… l’idea di Roma che si ha all’estero è ferma e museale, addirittura caricaturale. L’idea più diffusa di Roma è addirittura la caricatura di se stessa. Quindi noi abbiamo la necessità di superare questo handicap con strumenti seri.” La risposta di Croppi è stata quella di “un intervento finanziario del privato che non può essere sostitutivo del pubblico ma che con questo deve interagire” e di una precisa strategia di marketing finalizzata (riuscendoci) all’internazionalizzazione di Roma: permettere ad un’ampia fetta di utenti di far conoscere il Paese, portandolo a divenire meta turistica.
2-      Il ruolo delle Archistar a Roma, partendo dalla “teca” di Meier a Roma, passando a Zaha Hadid con il MAXI, a Renzo Piano, a Franco Purini, a Fuksas e via dicendo.. E’ importante invitare l’opera di questi architetti se poi la realizzazione dei loro progetti si ferma a quella divisione partitica della Capitale sottolineata nell’esempio appunto della teca dell’Ara Pacis di Meier oggetto di polemiche (Sgarbi tra gli altri)? Croppi ha fatto ben intendere che, qualsiasi legislatura ci sia, ricorrere ai geni dell’architettura non può che far bene al nostro Paese, confermando la sua volontà di dare un accento europeo alla capitale (basti pensare a Berlino, Amsterdam o il Guggenheim di Bilbao, vere e proprie mete turistiche per le loro architetture contemporanee)


Ho riportato solo i miei due interventi perchè riscrivere le quasi due ore di conferenza risulterebbe impossibile e quantomeno noioso. Sono intervenuti molti del pubblico: il giornalista Massimo Sbardella, l’On. Angelo Miele, la giornalista Eleonora Minna ed altri ancora a parlare della “nuova politica”, dell’antipolitica, dell’evoluzione politica di Croppi, del suo operato a Roma e delle sue mire politiche future..
Foto di Silvana Santi

Così come aperto, riprendendo l’esclamazione mattutina di mia madre, totalmente disinteressata dalla politica, ma vicina alle persone per sua deformazione professionale (ex insegnante): l’uomo Croppi, non il politico e nemmeno l’intellettuale (come non si definisce) che si dedica al suo obiettivo con dedizione, razionalità e sacrificio; è questo quello che emerso principalmente, almeno ai miei occhi.
Un’ultima citazione del libro, che potrebbe essere utile a tutti coloro che volessero avvicinarsi alla politica (necessaria soprattutto in questo periodo di sfiducia per l’Italia intera), per concludere: “..un’attitudine post ideologica che ormai è sedimentata in una visione concreta della politica. La cosa pubblica non ha nulla a che spartire con la storia delle idee e men che meno con l’esperienza politica individuale

martedì 27 novembre 2012

UNA LEZIONE DI STORIA di Paolo Rosicarelli



Domenica 25 novembre nella sala della trifora di palazzo Barberini, sede del Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni, è stato presentato il libro "Airone1" del Generale dei Carabinieri Antonio Cornacchia , nome in codice che aveva il Generale da Comandante del Nucleo Investigativo.
Il Generale Cornacchia, ora avvocato e professore, è stato il comandate del nucleo investigativo  dei carabinieri negli anni meglio noti come "anni di piombo", cioè gli anni 70 -80 durante i quali la nostra nazione ha vissuto forse uno dei periodi più bui del dopoguerra e durante i quali l’Italia ha subito i maggiori attacchi alla sua democrazia, iniziando dalla bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano del 1969 fino al rapimento ed all’uccisone dell’onorevole Moro e della sua scorta. Airone1 è un libro scritto con un linguaggio a metà tra sceneggiatura e cronaca giudiziaria. In questo racconto fatto dal generale Cornacchia e all’ ingegnere appassionato di scrittura Angelo Giannelli Benvenuti, sono raccontati gli anni più oscuri e tormentati della storia italiana contemporanea; il terrorismo rosso, nero, ma anche bianco e giallo come si può leggere nel libro; le bande criminali; i marsigliesi del traffico di droga e delle bische; l’anonima sarda dei sequestri; la banda della Magliana padrona della capitale; Renato Vallanzasca, catturato a Roma proprio dai carabinieri dell’allora Colonnello Cornacchia. 
Un filmato ha introdotto i maggiori casi di cui si è occupato il reparto guidato dal Generale. Al termine del filmato l’intervento è stato più che una presentazione di un libro una intensa lezione di storia contemporanea italiana. Il Generale Cornacchia, con un velo di commozione trasmesso anche ai presenti, ha raccontato come si salvò dall’ agguato delle brigate rosse che volevano uccidere lui ed il Colonnello Varisco: un impegno di servizio lo fece arrivare sul luogo dell’appuntamento che aveva con il Colonnello Varisco con qualche minuto di ritardo, quando il commando assassino aveva già ucciso il colonnello. Il libro è stato scritto, usando una locuzione popolare, “senza peli sulla lingua”  facendo anche nomi e cognomi di chi avrebbe potuto fare o almeno fare di più per combattere la criminalità organizzata e terroristica; per questi motivi non tutti i maggiorenti hanno gradito questo libro, però come l’autore ha dichiarato fino ad ora nessuno lo ha denunciato perché si tratta di fatti e non di supposizioni.
Come dicevamo si è trattato di una lezione di storia, ed in sala erano presenti dei testimoni diretti di questa storia, le Medaglie d’Oro al Valore Civile Generale Giancarlo Iachetti ed il Luogotenente Elio Centurioni entrambi feriti il 12 Marzo 1977, durante un posto di blocco sul Lungotevere da terroristi delle Brigate Rosse. Altro testimone della storia di quel periodo presente in sala con i genitori è stato Ettore Bernardi, rapito in casa sua a Cisterna nel marzo del 1979 a soli 11 anni. I Carabinieri del Generale Cornacchia riescono ad individuare il nascondiglio ed a liberare il piccolo nel giro di una settimana. Il coautore del libro Angelo Giannelli Benvenuti ha letto un brano del libro riguardante la vicende di questa liberazione. Le due ore di conferenza del Generale Cornacchia sono volate comprese le domande e le relative spiegazioni.
Gli assenti hanno sicuramente perso la possibilità quasi unica di un arricchimento umano, culturale e storico. Parlare con la storia non capita tutti i giorni! 
Domenica noi lo abbiamo potuto fare. Al termine della conferenza, dopo aver omaggiato il Generale con una pubblicazione del Circolo, la serata è continuata con un drink tra domande e richieste di spiegazioni alle quale l’autore è stato ben felice di rispondere.

Paolo Rosicarelli

lunedì 12 novembre 2012

IL SANGUE NON SI CANCELLA di Enrico Maria Tomassi



Questo è il primo movimento di massa della storia che non sta chiedendo niente per se stesso, vuole solo giustizia per il mondo.(Susan George, economista)


La globalizzazione è un fenomeno inevitabile: si tratta del normale incremento nel tempo delle relazioni e degli scambi a livello internazionale. E’ un fenomeno che investe diversi fronti, da quello politico a quello culturale, da quello sociale a quello giuridico, ecc.
Sul piano economico il termine globalizzazione serve a indicare vari fattori: l’abbattimento delle barriere commerciali; l’aumento dei volumi del commercio internazionale; la maggiore integrazione economica tra paesi; la mobilità internazionale dei capitali; la liberalizzazione del mercato del lavoro; l’ampliamento degli sbocchi delle merci sui mercati. Presa così la globalizzazione non è nient’altro che la creazione di un enorme mercato che riesca a coprire l’intero globo, un mercato a cui chiunque può accedere.
Ma si sa, in economia il fattore uomo è molto influente su qualsiasi tipo di mercato. E’ l’uomo che crea e dà sempre più potere alle multinazionali, imprese che organizzano la loro produzione almeno in due paesi diversi. E’ l’uomo che guida queste società a caccia di sempre più profitto, spostando la produzione dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, zone dove spesso i diritti umani non sono garantiti e dove i salari da pagare sono davvero bassi, a volte quasi irrisori.
La globalizzazione pilotata da queste multinazionali non porterebbe benefici né per la popolazione dei paesi industrializzatiné per quella deipaesi in via di sviluppo, provocando al contrario la distruzione di buona parte dell’economia di entrambe.

Per questo persone di ogni età, nazionalità, lingua, religione o opinione politica, si ritrovavano a Genova quel terzo week end di Luglio 2001, mentre i capi delle otto potenze più industrializzate del mondo decidevano le sorti della globalizzazione economica.I manifestantierano tutti lì per chiedere a quegli otto uomini giustizia per il mondo: una serie di regole internazionali per moderare il fenomeno della globalizzazione, ponendo maggiore attenzione all’uomo e all’ambiente. Si facevano chiamare Movimento No-global: un insieme internazionale di gruppi studenteschi, organizzazioni non governative, partiti politici, sindacati, movimenti religiosi, associazioni ambientaliste, centri sociali,movimenti femministi, oppure singoli individui, illuminati sul lato oscuro della globalizzazionemagari dopo aver letto NO LOGO della giornalista Naomi Klein. Marciavano colorati, cantando, suonando, ballando e urlando slogan in maniera pacifica.
Poi c’erano i BlackBloc, un gruppo d’individui armati e vestiti di nero che adotta l’omonima tattica: cercare lo scontro diretto con le forze dell’ordine e distruggere sedi istituzionali, banche, vetrine di negozi di multinazionali e pompe di benzina, tutti simboli del capitalismo alla guida della globalizzazione. Non si tratta di un movimento con una precisa ideologia politica, ma di un ammasso di violenti che s’infiltrano all’interno di manifestazioni pacifiche, danno origine a scene di guerriglia urbana, distruggono tutto e poi scappano via.

Camminavo nella nebbia quel tardo pomeriggio del 4 Novembre, mentre stretto nel bavero della mia giacca andavo a vedere Diaz– Don’t clean upthisblood al Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni.
Quel fumo denso lo ritrovai proiettato sullo schermo, ma stavolta si trattava di quello dei lacrimogeni o di quello delle macchine date alle fiamme. Poi le urla di guerra, le vetrine spaccate dai BlackBloc e la carica dei Carabinieri in Via Tolemaide. In Piazza Alimonda ci scappa il morto: si chiama Carlo Giuliani, un ragazzo genovese di soli 23 anni. A ucciderlo con un colpo di pistola un impaurito Carabiniere ausiliario di due anni più piccolo. La notizia fa il giro del mondo. Genova appare nei tg e sulle prime pagine dei giornali come una città blindata dove si respira aria di guerra.
Alcuni partono, altri restano, mentre altri ancora arrivano.

Inizia così il film di Daniele Vicari, raccontando le vite di chi ruota intorno al Genoa Social Forum, l’organizzazione che durante il G8 di Genova aveva il compito di gestire l’enorme flusso di manifestanti provenienti da tutto il mondo.
I volontari del Forum organizzano le riunioni e i cortei, forniscono assistenza legale e logistica, e indirizzano i manifestanti negli alloggi messi a disposizione dal Comune di Genova.
Qualcuno chiede “Per dormire stanotte?”, qualcun altro risponde “Alla Diaz, c’è ancora posto.”.
Poi le cariche della Polizia sul Lungomare di Genova. Questa scena non è ricostruita attraverso la finzione cinematografica, ma quelle che vengono mostrate sono le reali immagini girate dai manifestanti travolti brutalmente della Celere. Giornalisti inviati da qualche testata, freelance, oppure semplici video amatori riprendono ogni istante della carica. Si arrampicano sugli alberi, alzano le mani e gridano “Non violenza! Per favore!” mentre cercano di sfuggire ai poliziotti inferociti, che comunque riescono a raggiungerli e a picchiarli a sangue con i manici deitonfa. Gli scontri durano ore.
Nel tardo pomeriggio una pattuglia passa per Via Battisti, proprio davanti la scuola Diaz. La sua corsa viene rallentata. Volano urla, insulti da parte dei manifestanti, e una bottiglia di vetro, che il regista tiene sospesa in aria per più di mezzo minuto prima di farla andare in mille pezzi vicino la ruota del Land Rover della Polizia.Sarà quella bottiglia il motivo scatenante dell’inferno nella Diaz. La scena dura un paio di minuti. L’auto riparte sgommando. Non ci sono feriti. O meglio, non ci sono altri feriti.
Al tramonto di sabato 21 Luglio si chiude il G8, e il bilancio dei feriti ammonta a poco meno di 300.
Quella sera si riuniscono gli organizzatori del Genoa Social Forum: la loro discussione è incentrata sui BlackBloc e sulla mancanza di un sevizio d’ordine all’interno dell’organizzazione che avesse diviso i pacifici dai violenti, mentre non si tengono in considerazione problemi seri, come quello dei diritti degli arrestati, del deflusso dei manifestanti e del malcontento dei Genovesi.
Intanto le forze dell’ordinedecidono di fare irruzione nella Diaz. Il pretesto è l’aggressione alla pattuglia di qualche ora prima. I vertici della Polizia stabiliscono che quella scuola non è l’alloggio dei manifestanti, ma il covo dei BlackBloc: chiunque si trovi lì dentro è un elemento pericoloso, forse solo perché veste in modo strano e beve birra.
Poco prima di mezzanotte, circa 300 poliziotti armati di caschi, scudi e tonfa sfondano le porte della Diaz. Sembrano una mandria di bestie inferocite che distruggono tutto ciò che incontrano al loro passaggio, comprese le vite di chi alza le mani e grida “Non violenza!”. Il pavimento si trasforma in un lago di sangue sotto i colpi di quei poliziotti, che presi da un furioso sadismo non sanno fermarsi neanche quando gli viene ordinato di smettere.I corpi insanguinati dei manifestanti svenuti vengono ammassati come fossero cadaveri raccolti su un campo di battaglia.
In quella scuola non ci sono i BlackBloc, ma 93 manifestanti vengono comunque arrestati. Alcuni sono trasportati in ospedale, altri nella Caserma di Bolzaneto. Quello che vivono non è l’ultima mezz’ora di un film, ma un incubo vero che dura ore e ore. Le torture inflitte ai manifestanti in quella Caserma credo di averle viste solo nella prigione di Abu Ghraib in Iraq.

Di un film non si racconta mai la fine. Ma questo non è un film, è una storia vera, che a distanza di 11 anni, non riesce ancora a trovare la sua fine.
Dei circa 300 poliziotti partecipanti all’operazione della scuola Diaz, solo 29 sono stati imputati e processati. Di questi, solo 25 sono stati condannati in primo e secondo grado. La loro pena ammonta complessivamente a 98 anni e 3 mesi di reclusione. Le Corte di Cassazione ha confermato le condanne di17 imputati, mentre per gli altri 8 i reati sono caduti in prescrizione.
Dei 54 imputati e processati per i fatti della Caserma di Bolzaneto, ne sono stati condannati 44. La pena è di natura pecuniaria, e ammonta complessivamente a più di 10 milioni di Euro.

Delle manifestazioni di violenza del G8 di Genova ormai si sa tutto. Gli occhi del mondo erano puntati su quella città quel terzo week end di Luglio. Con i milioni di filmati in circolazione è possibile ricostruire, secondo per secondo,intere parti di quei giorni. Le testimonianze di chi ha vissuto quei tre giorni, invece, permettono di ricostruire quelle parti sfuggite alle telecamere.
Su tutto questo si basa anche la ricostruzione di Vicari. Eppure il suo film ha incontrato una serie di ostacoli, sia in fase di produzione che in quella di distribuzione.
DiazDon’t clean upthisblood è stato interemente prodotto dalla casa di produzione cinematografica italiana Fandango, dalla francese LePacte e la rumena Mandragora. Nessun altro si è interessato alla produzione di questo film.
Per quanto riguarda la distribuzione, in Italia è uscito in sole 200 copie e non tutti i cinema hanno deciso di proiettarlo. Inoltre nessuna emittente televisiva si è dimostrata interessata, almeno per ora, all’acquisto dei diritti del film, quindi con molta probabilità Diaz non passerà in tv. Il film ha fatto il giro dell’Italia soprattutto grazie ad associazioni e circoli, proprio come il Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni.
Nonostante tutti questi sforzi, molti hanno scelto comunque di non vederlo, bollandolo come film di sinistra: un film schierato politicamente, un film che distorcerebbe in qualche modo la realtà dei fatti per supportare un’ideologia, anche se ormai le ideologie politiche nel nostro paese sembrano tramontate da un pezzo. Eppure la critica, di qualsiasi colore politico, l’ha definito come un film veritiero, un film che, attraverso i video originali e la ricostruzione cinematografica, riesce a comunicare la verità cruda delle violenze orribili compiute prima nella scuola Diaz, e poi nella Caserma di Bolzaneto.

Amnesty International ha definito queste drammatiche vicende come “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”.
Dire che la ricostruzione di Daniele Vicari sia solo un film schierato politicamente, è un po’ come affermare nel 2012 che quella raccontata da Steven Spielberg con Schindler’sList sia solo una favola.

DiazDon’t clean upthisblood è un film da vedere, per ricordare che l’uomo occidentale moderno, quell’uomo che si definisce amante della democrazia e della pace, è ancora in grado di compiere azioni disumane.
Diaz – Don’t clean upthisblood è un film da vedere, per ricordare il sangue versato di chi, in un paese democratico e amante della pace, ha provato a manifestare la propria idea pacificamente. Un sangue innocente che torna a macchiare la storia, non solo del nostro paese. Un sangue che non può essere cancellato.


sabato 3 novembre 2012

TALENTI LIMITROFI: PIU' SPAZIO ALL'ESPRESSIONE! di Camilla Salvi



Palestrina. Patria della musica: Pierluigi passa il testimone alle nuove generazioni, poeti cantautori o buoni a nulla?
Escluso dal Talent Show “X Factor” il giovane cantante Nicola Aliotta proveniente da Cave, il quale Giovedì sera nella sesta puntata della trasmissione è stato eliminato, e con la coda tra le gambe torna tra la “plebe” con l’ennesima dimostrazione che il mondo dello spettacolo è un universo per pochi eletti, non basta la passione. Non solo la televisione, ma anche le iniziative musicali hanno aiutato i talenti locali ad emergere grazie a delle performance in locali o manifestazioni pubbliche che si sono rivelate eccellenti: Possono essere definiti artisti? Sicuramente grande seguito tra i ragazzi l’ha avuto la band esibitasi nell’ultima manifestazione di “Nel Nome Del Rock” e in “RadioOlevano” : “Jack the Hustler”, band Rock-Funk composta da Giacomo Mattogno Dario Fiorentini e Timoteo Rondina, in collaborazione con David August promessa della musica elettronica,il quale ha prodotto uno dei dischi del gruppo. Suoni minimal, distorti e d’impatto che creano atmosfere surreali che coinvolgono il pubblico e aprono un portale su un mondo parallelo. Gruppi ancora “Work in progress” come quello dei “Sinergia”  composto da Manfredi Rondina Lorenzo Magnante, Cuppone Michela e Alessio Milana,  che si sono esibiti in “Giochin’ Arte” presso Cave. Diversi generi si uniscono in modo consonante e melodico in un’armonia che si lega perfettamente al testo, le corde del basso pizzicate dalle abili mani del bassista si intrecciano come dei fili cucendo la ferita aperta dei testi:pura poesia. Momenti di malinconia modellati dalla graffiante voce del cantante  si contrappongono alla simpatia e alla spensieratezza di alcuni reef e passaggi intermedi che rendono le canzoni dei “Sinergia” uniche e particolari.
L’ingrediente segreto però oltre alla bravura indiscussa dei musicisti e al peculiare tocco stilistico dei testi è senz’altro la trattazione, nell’ambito degli elaborati, di temi che si insidiano sinuosi e scalfiscono sia l’inquietudine del singolo che quella della collettività: un “Locus Amoenus” rappresentazione ingannevole del quotidiano che rispecchia la società stessa.
Ottima esibizione anche quella del cantautore Simone D’Andrea che, con il suo “Pocaroba” ha conquistato il pubblico presente all’esibizione. Chitarra e voce, la semplicità che prende vita e sfocia in una rabbia armoniosa: il realismo e la crudezza dei testi che si inseguono in diapositive immaginarie che passano veloci sotto l’occhio dell’ascoltatore e descrivono l’altro lato del “vissero felici e contenti”. Una rivisitazione realistica dell’amore e degli eventi quotidiani vista con gli occhi di un ventenne dalla lunga chioma e dal fascino un po’ underground.
Genere completamente diverso prende piede invece tra le sale prove di Valmontone e i locali di Roma, dove già qualche volta i “Nervous Accademy”, band composta da Stefano Latini, Germano Verzilli e Matteo Del Brusco, hanno dato del loro meglio. Un Hardcore punk melodico anni ’90 costellato di stop ‘n go e assoli, modellati da una voce tuttalpiù melodica ma allo stesso tempo dal timbro aspro. I testi abbracciano argomenti di carattere sociale e ideologico come per esempio il vegetarianesimo o lo sfruttamento e il maltrattamento degli animali.
Tanti sono i sognatori con i piedi fortemente attaccati sulle nuvole, sogni che il nostro paese con le sue iniziative cerca di incoraggiare il più possibile, non sempre si riesce, ma l’importante è l’arte fine a se stessa come arricchimento culturale di una generazione molto creativa come la nostra.                     



                                                                                                                                                   
                                                                                                                                           Camilla Salvi

mercoledì 31 ottobre 2012

UN WEEK END PER SCRIVERE di Stefania Frezza




La suggestiva sala della Trifora, all’interno della sede del Circolo Culturale Prenestino “R. Simeoni”, ha ospitato il 26 ed il 27 ottobre un seminario di scrittura creativa, condotto da Gavino Angius e l'editor Silvia Denti alias Divinafollia e patrocinato dal Comune di Palestrina.
Gli intervenuti, in buon numero, oltre ad essere degli appassionati di lettura, avevano sicuramente riposto nel cassetto il sogno di scrivere ed hanno seguito il seminario con interesse e partecipazione.
Gavino Angius, in qualità di critico letterario e scrittore egli stesso, ci ha guidato all’interno di grandi capolavori, raccontandoci aneddoti sulla vita ed il carattere degli Autori e sulla genesi e l’evoluzione di alcune opere.
Molto suggestiva, poi, è stata l’esperienza della lettura e dell’analisi di una novella di Hemingwaay -   
“ Vecchio al ponte “- esaminata anche attraverso i notebooks dell’Autore, tradotti da Gavino Angius.
E’ stato come quando ci si ritrova davanti ad un dipinto, se lo guardi da solo certamente ne cogli la grandezza, l’armonia o il caos creativo, ne ammiri la forma, ti stupisci davanti alla genialità, ma  non potrai cogliere, se non sotto la guida di un critico o storico dell’arte, l’abilità tecnica, la fatica dello sviluppo, la capacità di trasformare un’idea, un concetto in qualcosa di concreto e godibile.
E così, presi per mano siamo entrati dentro il racconto, l’abbiamo potuto guardare con gli occhi di Hemingway, cogliendone la semplice complessità.
Un aspetto altrettanto importante per il mestiere dello scrittore è quello dell’editoria e la dott. Silvia Denti ci ha illustrato la  funzione del suo lavoro , l’editor appunto, ai fini della pubblicazione.
Chi si aspettava consigli pratici su come scrivere è probabilmente rimasto deluso ma chi cercava conferma sulla difficile arte della scrittura, su come nessuna opera letteraria possa nascere come per magia ma sia il frutto di un lavoro difficile soprattutto su se stessi, ha trovato la sua dimensione.

Info:
www.divinafollia.altervista.org
lapoesiadivina.blogspot.com


Stefania Frezza

lunedì 8 ottobre 2012

L'ARTE DEL RICAMO di Marco Polani


In seguito all’ evento tenutosi il giorno Sabato 06 Ottobre, alle ore 21.00, presso il Cinema Teatro Principe di Palestrina, penso che siano doverose alcune considerazioni e/o riflessioni magari utili per futuri sviluppi della tematica in questione: la valorizzazione del prodotto locale.
Stiamo parlando, per chi fosse mancato, del ricamo prenestino, un “prodotto” locale che tanto ha impregnato il tessuto sociale locale, divenendo un riflesso (nuclei familiari numerosi, apprendistato, differenti valori sociali e culturali) del paese nel corso degli ultimi decenni ed oltre; il lungometraggio presentato viene così descritto dall’autore stesso, Timoteo Salomone:


“Il lungometraggio dal titolo “Il ricamo di Palestrina” è la storia del ricamo di Palestrina dalla nascita del famoso “Punto a nodi” ai giorni nostri. Attraverso le testimonianze dirette degli eredi della scuola “Palestrina Ars” e del “Laboratorio Croce” cercheremo di capire perché tali scuole famose nel mondo chiusero i battenti. Il documentario, della durata di un’ora, inizia con delle interviste ad alcune ragazze per la strada alle quali verrà chiesto se sappiano cosa sia il “Punto Palestrina”: la maggior parte di esse non sa nemmeno di cosa si tratti.
Il lungometraggio è diviso in dici capitoli. I ricordi, i rimpianti, le gioie di un tempo passato, dal sapore verace e schietto,  verranno ricordati dalla voce delle ultime allieve ricamatrici che ancora oggi eseguono lavori di strabiliante bellezza.  Vedrete in esclusiva per noi l’apertura dell’archivio del “Laboratorio Croce” con centinaia di disegni su carta di una valenza artistica inestimabile. Vedere che tale ricchezza rischia di andare perduta ci rattrista. Perché non cercare di recuperare un tale patrimonio creando un archivio o un museo, affinchè chi vorrà potrà accedervi con le dovute modalità e si potrà, così, continuare tale preziosa tradizione. E’ questo l’appello che vogliamo rivolgere a tutte le associazioni culturali presenti nel nostro territorio e alle autorità civili.
Sentirete la testimonianza dell’ex Sindaco di Palestrina Giuseppe Marchetti in carica nel 1978 quando un pretore d’assalto fece chiudere la “Palestrina ars”. Infine ci saranno le testimonianze della direttrice dell’ultima scuola privata di ricami “Palestrina”; della ricamatrice Sig.ra Stella Chiapparelli, fondatrice di un’associazione per la divulgazione e la conoscenza del ricamo di Palestrina. Attraverso un caleidoscopio di immagini vedrete tanti capolavori di estrema finezza e dai colori che vi abbaglieranno. Un’arte questa del ricamo che le Istituzioni hanno sempre di più sottovalutato, senza invece capire che attraverso questo lavoro creativo e manuale si sarebbe potuto creare ricchezza ed occupazione.”

Indubbiamente l’affluenza elevata di persone testimonia sia un forte affetto per l’autore, sia un grande interesse per un’arte che sta pian piano scomparendo. Oltre al grande impatto emotivo procurato dalle inquadrature in primo piano, intrise di una carica neorealista tanto divertente, quanto commovente, è necessario e doveroso riflettere sul perché un’arte del genere trovi meno proseliti con il passare del tempo e sulla sua più probabile collocazione nel futuro; a fine documentario è stato aperto un breve dibattito e vari sono stati i commenti all’uscita tra il pubblico.

Secondo il mio modesto parere, ed abbracciando alcune opinioni, bisogna necessariamente tenere da conto e prendere come assioma il fatto che questa è un Arte con la A maiuscola  ed in quanto tale le vanno  riconosciuti prestigio ed importanza; un’importanza non di poco conto, perché, partendo dallo specifico ambito del ricamo, è facile ed automatico risalire ad usi e costumi di un periodo storico a noi cosi vicino cronologicamente, ma in realtà molto lontano per abitudini.
Proprio in quanto Arte quindi, come tale va conservata, preservata e tramandata!
Ovviamente con le dovute attenzioni, perchè sarebbe un passo molto ardito, ricostituire una tale scuola: innanzitutto, si rischierebbe di infangarne il nome proponendo un “imperfetto prodotto a rapido consumo”, quindi snaturato da un contesto naturale intriso di pazienza, calma e dedizione; inoltre, non ci sarebbero i presupposti sociali per sviluppare tale scuola, essendoci oggi  (fortunatamente) più emancipazione femminile, ed essendoci una concezione della famiglia e del matrimonio (parlo anche di corredi nuziali, tovaglie, centrini ecc.), differente da quello di cinquanta - cento anni fa (ci si teneva di più o ci si teneva diversamente?); si creerebbe,  di conseguenza, un falso storico e quindi non un’opera d’arte;  infine, in un sistema globalizzato la “mercificazione” di tale prodotto, così come è stato fatto notare dal sindaco Marchetti durante il filmato, risulterebbe una “zappa sui piedi” per ovvie ragioni di mercato globale.
In definitiva considero il ricamo prenestino con i suoi “famosi punti” un prodotto artistico a tutti gli effetti, come tale quindi UNICO, IRRIPRODUCIBILE e LIMITATO, quindi INESTIMABILE; l’unico dovere da assolvere è, ribadisco, conservarlo e promuoverlo, con conferenze, documentari, (così come è stato fatto da Timoteo Salomone al quale, oltre agli applausi, vanno i ringraziamenti) e perché no, in tempi che ci auguriamodi maggior benessere economico, attraverso un’area museale dedicata.




Marco Polani

martedì 25 settembre 2012

COGLIERE PER ACCOGLIERE – ACCOGLIERE PER COGLIERE (da un incontro con un’Associazione di Parma) di Marco Polani


            Già abbiamo avuto modo in altri spazi di affrontare il tema nodale dell’importanza di diffondere la conoscenza dell’area prenestina, anche tramite il web. In questi giorni il Circolo Culturale Roberto Simeoni ha voluto contribuire nuovamente in questo dibattito organizzando un incontro con l’Associazione Culturale “Voglia di leggere - Ines Martorano” ed una rappresentanza della Biblioteca del Comune di Parma.
            Il giorno 21 Settembre 2012, in un pomeriggio ancora caldo e soleggiato in barba all’autunno appena giunto, il Circolo Simeoni ha accolto presso le proprie sale di Palazzo Barberini le due rappresentanze emiliane.
            Come è nato tale incontro? Il Direttore della Biblioteca di Parma ci ha contattato via e-mail illustrandoci il loro lavoro e le loro attività. Ecco una parte del testo:
 “L’Associazione “Voglia di Leggere - Ines Martorano” consiste in un gruppo di “lettori” che amano accompagnare la lettura di libri particolarmente significativi con la visita di luoghi ad essi collegati… L’Associazione collabora tramite Convenzione con l’Istituzione Biblioteche del Comune (perciò vi scrivo io che ne sono il Direttore, oltre che socio di Voglia di Leggere)… In questi giorni leggiamo insieme le “Memorie di Adriano” di M. Yourcenar e visiteremo Villa Adriana ed altre località vicine… Saremo a Palestrina il 21 settembre nel pomeriggio (mentre il 22 e il 23 mattino saremo a Tivoli) per una visita alla Città ed ai suoi siti architettonici… Come nelle precedenti occasioni (le Trieste di Saba, l’Abruzzo di D’Annunzio, la Langa di Pavese e Fenoglio, la Barga di Pascoli, la Livorno di Caproni, la Napoli di S. Di Giacomo e di De Luca ecc  ecc) cerchiamo di incontrare gruppi o associazioni culturali del posto.”
            Il Circolo ha ritenuto necessario, per la storia che lo caratterizza e per l’amore verso Palestrina, cogliere e accogliere tale richiesta.
            Dopo un aperitivo di benvenuto, c’è stato un confronto interessante sulle tematiche legate al turismo e alla letteratura. Si è portato loro a conoscenza del forte legame che lega Thomas Mann alla città di Palestrina, assicurandoci un loro ritorno in visita per i vicoli e i paesaggi che hanno ispirato lo scrittore tedesco. Abbiamo loro esposto le meraviglie che caratterizzano il nostro territorio e crediamo, visti i numerosi rimandi positivi, di averlo fatto al meglio.
            E’ doveroso raccontare un piccolo curioso aneddoto: una signora, vedendo affisso un quadro sull’arte del ricamo all’interno della sala riunioni, ha descritto alla perfezione il Punto Palestrina facendoci notare come questa arte sia rinomata in tutta la Penisola (a tal proposito ricordiamo che il 6 Ottobre, presso il Cinema Teatro Principe di Palestrina, verrà proiettato il documentario di Timoteo Salomone “Il Ricamo di Palestrina”). Questo è l’ennesimo evidente segnale di come, a volte, non siamo coscienti delle nostre risorse, della nostra storia, del nostro potenziale, e che debbano ricordarcelo spesso persone che sono lontanissime dalla nostra comunità.
            A prescindere da ciò è stato appagante ricevere i complimenti da parte dell’Associazione parmense, sia per l’accoglienza ricevuta, sia per la mole di lavoro svolto dal Circolo con gli scritti, gli studi e la guida di Palestrina, sia per la bellezza e l’interesse che la città ha profuso nei visitatori, dal Museo Archeologico al centro storico.
            Questo incontro, in definitiva, se visto in un’ottica complessiva di promozione del territorio, è solo una goccia nell’oceano. Il nostro augurio, tuttavia, è che questo possa essere da stimolo affinché, con passione e coraggio, si possano incoraggiare e rafforzare quelle politiche inclusive ed attrattive che auspichiamo da tempo.

Marco Polani

domenica 9 settembre 2012

CONDIVIDI LA TUA TESI



Il Circolo Culturale Prenestino “R. Simeoni” riparte quest’anno con una nuova iniziativa rivolta principalmente ai neolaureati. 

L’intento è quello di permettere agli interessati di presentare la propria tesi di laurea in un ambiente differente da quello accademico. Un’iniziativa di grande interesse che ci si augura venga sostenuta da parecchi giovani al fine di riuscire a  mettere in comunicazione diretta coloro che hanno terminato il proprio percorso di studi con coloro che già si trovano da tempo nel mondo del lavoro. 
Promuovere quindi conferenze (il Circolo mette a disposizione le proprie sale, le proprie attrezzature ed il proprio supporto) nelle quali i differenti rami del sapere (storico, architettonico, economico, psicologico, artistico, legislativo, filosofico, sociale…), possano essere discussi e ridiscussi in maniera innovativa,  specifica e sperimentale. 
Un compendio della conferenza verrà, tra l’altro, riportato sul nostro blog.

Per presentare la vostra tesi inviateci, insieme ai vostri dati anagrafici, un breve sunto della vostra tesi di laurea alla nostra mail: info@circolosimeoni.it

martedì 3 luglio 2012

PROMUOVERE IL TERRITORIO SU INTERNET di Marco Polani



Prendere atto e tenere bene a mente un concetto: la promozione del territorio (prenestino e non solo) deve necessariamente essere sviluppata in gran parte su internet. A tal proposito sarebbe necessario che tutti quanti gli operatori nel settore culturale e turistico si appoggiassero su siti specializzati dedicati al turismo.
Attualmente il sito più noto e popolare risulta essere Tripadvisor (www.tripadvisor.it). Per citare qualche numero preso da Wikipedia (nonostante quest’ultimo non sia sempre totalmente attendibile): “Il sito comprende oltre 200.000 hotel e attrazioni turistiche e più di 30.000 destinazioni nel mondo. Il sito passa in rassegna le recensioni scritte dai viaggiatori, che non vengono pubblicate se non sono conformi alle linee guida. Con più di 35 milioni di recensioni e 29 milioni di visitatori al sito ogni mese, Tripadvisor si proclama come "il più grande sito di viaggi sul web."
Il meccanismo di funzionamento è molto semplice ed intuitivo. Parallelamente all’inserimento di strutture turistiche alberghiere ed extralberghiere e a quello di ristoranti e attività commerciali, è possibile inserire le emergenze storiche, le attrazioni turistiche e le risorse della città con foto, descrizioni, annotazioni e tutto ciò che è necessario al fine di promuovere tutta la nostra area a livello mondiale.
Operativamente dovremmo prendere questa grande e gratuita possibilità come  impegno e come grande opportunità di rilancio (o ahimè lancio) delle nostre bellezze architettoniche. Con descrizioni esaustive e fotografie artistiche e professionali potremmo sensibilizzare l’interesse della popolazione non solo italiana, ma mondiale, a visitare le nostre realtà piccole, ma preziose.
            Ribadisco ancora una volta un concetto che secondo me dovrebbe essere un MUST per il rilancio turistico dell’Italia intera: ciò che ci rende unici rispetto al resto del mondo è proprio la diversificazione e differenziazione del territorio (dell’enogastronomia e del made in Italy in generale) nelle varie regioni, città e paesi, quasi fossero tutte tessere differenti di uno stesso mosaico.

L’architetto Mies van der Rohe parlava di “Dio è nel dettaglio” …
…i nostri dettagli ci sono, basta farli conoscere!



03 Luglio 2012                                                                                           Marco Polani

venerdì 29 giugno 2012

CASETTE DETTE “MUSSOLINI” A PALESTRINA di Marco Polani


Vorrei riproporre un tema già affrontato dal Circolo Simeoni nella XXVI edizione de “Lo Calendario” dove si trattava sommariamente ed in maniera tecnica ed apolitica come l’edilizia fascista a Palestrina abbia trovato terreno fertile per lasciare la propria impronta ed il proprio inconfondibile stile architettonico. Con l’occasione, durante la Festa del Socio in cui Peppino Tomassi presentava il calendario, fui invitato insieme all’Arch. Mingarelli ad esporre le caratteristiche dell’architettura fascista in Italia e nello specifico a Palestrina.
Le casette “Mussolini” sono l’esempio e costituiscono per Palestrina un unicum a livello nazionale di un passato storico, che, sempre in maniera apolitica, ma puramente culturale ed artistica, non può non essere ricordato.

Inquadramento:
Le casette denominate “Mussolini” sono situate in Palestrina nel lotto di terreno inquadrato da Via Madonna dell’Aquila e Viale Pio XII. Quattro case destinate ad abitazione popolare, disposte simmetricamente rispetto un ipotetico asse Est-Ovest, orientate con la facciata verso Est. Tutte e quattro le abitazioni sono identiche nelle loro caratteristiche tipologiche, si differenziano invece nella loro evoluzione temporale essendo ognuna soggetta a superfetazioni come soluzioni a problemi di natura pratica delle singole proprietà. L’area soggetta ad indagine è individuata nel Piano Regolatore Generale come “Parco archeologico con divieto di edificazione” – Zona Antica Preneste denominata “Il Quadrilatero”: un’area in cui sono presenti molteplici emergenze archeologiche risalenti fino all’epoca romana repubblicana. L’area stessa ha avuto un forte sviluppo edilizio durante gli Anni ’70 (come riportato nelle cartografie).

Durante gli Anni ’50 la zona di indagine presenta poche edificazioni essendo principalmente dedita a piantagioni di viti. Viene messo quindi in risalto lo stato di emergenza ed il carattere di velocità con cui sono state costruite le case "Mussolini" posizionandole in un contesto di pochi rilievo storico per far fronte nei tempi più brevi possibili alla calamità  avvenuta nella parte alta della città. Durante gli Anni ’70 un consistente nucleo edilizio a Sud dell'area di indagine è andato a costituire il fronte stradale che conduce alle case "Mussolini"; un ulteriore nucleo abitativo è stato aggiunto ad Est prima che l'area divenisse oggetto di indagine archeologica e fosse bloccata come parco archeologico con divieto di edificazione con il P.R.G del 1979.            

Indagine storica (circoscritta alla sola abitazione A):
-          Nucleo iniziale -
Le case furono costruite nel 1938 in seguito ad una calamità naturale. Infatti la notte del 25 Ottobre 1937 un violento nubifragio si abbatté su Palestrina causando ingenti danni. La parte più colpita fu Via del Tempio tanto che l’acqua fece crollare diverse abitazioni del centro storico. Molti furono gli sfollati e l’Autorità assegnarono all’Architetto Ciuffi (residente in Castel San Pietro Romano, poco più a Nord di Palestrina, già noto per aver progettato nel 1935 l'Istituto Superiore di Sanità a Roma)
la progettazione di nuove case per i sinistrati; esse furono costruite in brevissimo tempo.

-          Aggiunte successive –
A partire dal nucleo iniziale tra il 1948 e il 1950 sono state apportate delle modifiche alla strutture: sono state aggiunte le persiane alle finestre, aggiunta di una lamina di zinco sul fronte Ovest per fronteggiare problemi di umidità e pioggia, aggiunta delle tettoie; rimozione del Fascio Littorio (non databile, a partire dal 1945 con la caduta del Fascismo); nel 1955 rifacimento del tetto (in origine composto da catrame a caldo e mattonelle) con l’aggiunta di una guaina; nel 1995 aggiunta di una struttura in legno.

Analisi metrica e funzionale (circoscritta alla sola abitazione A):
Dal rilievo del piano terra emerge che la disposizione interna di tutte e quattro le abitazioni è simile nell’utilizzo razionale degli spazi: il salone centrale funge da snodo e disimpegno per la zona notte (due camere), per la cucina ed il bagno, evitando così lo “spreco” di spazio del corridoio con un approccio all’architettura diretto e pragmatico, senza troppi fronzoli. Gli “oblò” di 70 cm sul corpo-torre sono una tipica caratterizzazione dell’architettura fascista e razionalista: ad una prima impressione porterebbero ad ipotizzare una scala interna nel corpo semicilindrico mentre in realtà fungono da prese aria-luce dei bagni e del vano impianti sul tetto piano. La differenziazione su due piani indipendenti tra di loro e collegati tramite scala esterna sottolinea le due proprietà dell’immobile. Le quattro case  quando furono concepite offrirono alloggio ad otto famiglie e furono ideate come case popolari. Il tetto è ispezionabile ma non praticabile ed accessibili o esternamente, tramite scala a pioli, o internamente, dal locale bagno dell’abitazione all’ultimo piano; soluzione architettonica difficile, quella del tetto piano, concepito inizialmente con mattonelle e catrame a caldo, nel 1955 vi è stata aggiunta una guaina di rinforzo. La parte terminale della “torre” serviva e serve a tutt’oggi come vano per gli impianti.
                                
Analisi tipologica:


 In pianta è visibile l’utilizzo della simmetria e della compenetrazione di forme pure, mezzo e fine compositivo tipico dell’architettura razionalista e di quella fascista nello specifico. Tre corpi differenziati anche nelle funzioni: il primo corpo trasversale dedicato alla zona notte, il secondo longitudinale dedicato alla zona giorno e la “rotonda” che, staccando anche in sezione verticale è dedicata ai servizi. Esternamente la scala addossata al lato longitudinale diventa un rafforzamento dello stesso senza cadere nel decorativismo baracco ed inutile. Tutta la composizione architettonica è basata e strutturata su linee di progetto e di pensiero quali la linearità, la semplicità, la purezza e la compattezza. Il prospetto ovest, o meglio il prospetto frontale, ovvero il prospetto che si affaccia su Viale Pio XII, è il più rappresentativo dei quattro prospetti in quanto racchiude in esso tutte le caratteristiche tipiche delle case del Fascio o più in generale dell’architettura fascista:
-          L’importanza della facciata come simbolo di potenza e grandiosità, come sinonimo di monumentalismo;
-          La presenza della torre littoria, segno di riconoscibilità, anche in lontananza e testimonianza della presenza del Regime (spesso la torre in altre costruzioni fasciste della penisola è stata abolita sia per questioni economiche, sia perché in contrasto, nella visione d’insieme della città, con il campanile ecclesiastico e con quello comunale);
-          Utilizzo di simbologie di regime: Fascio Littorio nello specifico (rimosso e distrutto) e “Anno XVI dell’Era Fascista” in caratteri e numeri romani;
-          Presenza dell’arengario qui rappresentato dal balcone.

In prospetto, così come in pianta, è visibile la differenziazione dei tre corpi costituenti le “case Mussolini”: due parallelepipedi (longitudinale e trasversale) ed un semicilindro. Una differenziazione in profondità testimonianza di una particolare attenzione, oltre che alle forme, anche al rapporto luce/ombra.


29/06/2012
Marco Polani





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