Parlare di cultura implica una difficoltà
insita nel termine. Esso stesso nel tempo e a seconda dei vari pensieri, assume
significati differenti, mutevoli e rivolti alle più disparate differenziazioni.
Nel nostro contesto cittadino la
cultura ha avuto, come già sottolineato dall’articolo di Vp, delle
accelerazioni dovute alla nascita e allo sviluppo di realtà associazionistiche
e di altre componenti disparate.
Sovente, a mio modesto giudizio,
questo percorso di accrescimento ha subito e tutt’ora subisce, degli intensi
corti circuiti nella trasmissione del sapere, nell’impegno e nel tramandare
l’anima stessa della “cultura prenestina”.
Negli ultimi decenni, nello storico
svilupparsi della “cultura”, c’è stata spesso la tendenza, tra i vari soggetti
produttori di essa, di lavorare a compartimenti stagni, dove spesso la
comunicazione tra le varie “arti” veniva vista come ingerenza o devianza
nell’indagine conoscitiva del nostro territorio.
Oggi la cultura ha cambiato
velocità, l’indagine e l’informazione si sono velocizzate in maniera
esponenziale, i soggetti hanno nuove e più vaste attenzioni e interessi e,
checché si dica, le amministrazioni hanno relegato volontariamente o
involontariamente la cultura ad una nicchia, facendola apparire, erratamente,
come un qualcosa d’elite e/o un
processo del tutto poco produttivo.
Questo essere scoordinati, questo
procedere superficialmente genera delle violente fratture nel tessuto sociale e
abbassa drasticamente la capacità di analisi di ogni singolo cittadino. Feroce
attacco allo sviluppo culturale di un paese, di un’area e di un popolo.
Oggi la cultura non può essere
intesa più come una serie di settori che a mala pena si sfiorano, o come
un’arte del creare fine a se stessa e imbambolata nel bello e nel complimento.
Oggi la cultura deve essere
invasiva.
Bisogna uscire fuori dal pozzo in
cui si crede la cultura lontana da processi politici, economici e sociali.
La Cultura è il nostro luogo fisico
in cui viviamo, in cui impariamo e in cui ci sviluppiamo.
La
nuova stella polare per una cultura del nuovo millennio deve essere
rappresentata da una trasversalità dei saperi e delle indagini che confluiscono
in maniera determinante non solo alla trasmissione delle conoscenze e delle
tradizioni, ma che mutano in maniera ragionata e adeguata l’ambiente di cui ne
sono figlie.
È impellente, nel corto circuito che
stiamo vivendo, che le “intelligenze” si focalizzino sui processi decisionali
che stanno mutando l’ambiente, sterilizzandolo all’attecchimento del germe
cultura.
È tempo di un’azione, dove un impegno
costante, fatto di confronti e di indagine, porti ad una partecipazione
condivisa ed elevata nel creare sapere e nel tramandare in maniera scevra da
forzature la tradizione.
I saperi e la cultura stessa hanno il loro
più alto senso e il loro naturale sviluppo nella condivisione e nello
scontro-incontro intellettuale.
Qualsiasi altro demagogico tentativo di
mecenatismo e di assopimento rappresentano un cancro per l’elevazione e la
conquista della direzione.
Elevazione che necessita di abbandonare il
misurarci all’interno dell’alveare prenestino.
La nuova cultura deve assolutamente abbattere
i muri dei confini comunali e espandersi su territori più ampi per avere
confronti con altre qualità, con altri cammini storici e soprattutto per
valorizzare l’anima stessa del nostro essere prenestini.
È l’insieme delle varie manifestazioni, dei
vari interessi e delle varie tendenze, che, se organizzate e messe a,
rappresentano il più alto atto politico e sociale che Palestrina possa
ricevere.
La contaminazione degli interessi significa
l’innovativo cammino di fronte ad una mobilità poco incisiva e a volte ad una
immobilità troppo dannosa.
Albino Lucarelli
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