mercoledì 30 maggio 2012

IL FUTURO di Giorgio Marcellitto


“Non chiedete cosa possa fare il paese per voi: chiedete cosa potete fare voi per il paese”.

Vorrei iniziare citando una frase pronunciata nel  discorso inaugurale del proprio mandato, 20 gennaio 1961, da John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente degli Stati Uniti d’America; queste poche ma significative parole sono state rivolte ad una nazione come l’America, grande, immensa potenza economica... come non farle mie e rivolgerle alla città in cui vivo?

Certo non sono il Presidente degli Stati Uniti d’America, direte voi, ma sono un giovane, scusate il termine, “incazzato” per come stanno andando le cose da qualche tempo a questa parte nel nostro paese.

Mi rivolgo in questo caso al mio di Paese, Palestrina e frase più adatta non potevo trovare per iniziare ad esprime il mio pensiero.

Cosa possiamo fare noi giovani per il nostro Paese?

Intanto iniziamo a lamentarci di meno, rimbocchiamoci le maniche, lavoriamo e sforniamo idee nuove, proviamo a renderle concrete, non ci si riesce? Bene, non molliamo... ritentiamo; troviamo il muro delle Istituzioni? Non ci danno retta? Perseveriamo rompiamo i coglioni, si, dobbiamo rompere, dobbiamo farci sentire, non dobbiamo mollare al primo “NO” che riceviamo!

Qualsiasi iniziativa essa sia.

Vorrei proporvi ora uno splendido spunto di riflessione per continuare la discussione che vorrei instradare sul concetto di “Futuro”:
"Ogni volta che incontro un gruppo di ragazzi di una scuola o universitari che si affacciano al mondo del lavoro faccio sempre la stessa domanda: «Se vi dico la parola futuro cosa pensate?». Non ce n’è uno che mi dia una risposta positiva, incoraggiante o colorata. Le parole che sento ripetere sono: «Paura, incertezza, precarietà». I più intraprendenti mi dicono che se ne vogliono andare all’estero, che fuggiranno appena sarà possibile."
La Stampa 11 Maggio 2012 Mario Calabresi


Un mio grande Professore Universitario, Prof. Piga di Tor Vegata, rispondeva così a questo articolo:

Caro Calabresi, i giovani sono bellissimi.
Ho letto questo passo dell’articolo del bravo direttore della Stampa. E mi sono fatto 2 domande.
La prima: pensi sia così? Tu Gustavo insegni da circa 20 anni, li dovresti conoscere i giovani. Mi sono risposto che non credevo fosse vero. I “miei” ragazzi sono fenomenali. Quest’anno in aula ne ho 300. Corso di Microeconomia. Dovreste vederle le facce. Piene di vita, di sorrisi. E anche di serieta’ e preoccupazioni. Forse per gli esami, forse per la noia (talvolta parlano, sbadigliano, sono stanchi, di cosa? di me? della notte scorsa? di lavorare? è un attimo?). Ma sono bellissime facce. Ogni anno più belle. Mi dico che ogni anno che passa le capisco di più, queste facce, strano.
La seconda: in effetti ti piaceranno pure questi studenti, magari pensi di conoscerli, ma forse ha ragione Calabresi. E comunque sia, chiunque abbia ragione, non sarebbe interessante saperlo, cosa pensano del futuro i tuoi studenti?
Così ieri, quando erano in aula per la prova intermedia a sorpresa, li ho sorpresi 2 volte chiedendogli di scrivere accanto a nome, cognome e numero di matricola, una parola. La parola che associavano alla parola FUTURO.
Ho avuto 267 risposte.
Catalogate così: 114 parole a connotazione positiva, 51 negativa, 102 da interpretare.
Delle 114 positive, 22 riguardano il creare una famiglia. 13 la parola speranza. 16 innovazione, tecnologia, imprenditorialità (siamo ad Economia!). Poi tante svariate parole belle.
Ognuno scelga la sua preferita. A me piace più di tutti la parola “donna”. Perché non so se l’ha scritta un uomo sempre innamorato o una donna fiera di essere se stessa e di sentirsi nelle mani il suo futuro.
E poi per fortuna, c’era la visione negativa. Perché è bene tirarle fuori le parole, dargli un nome, è già un indizio che si è disposti a combatterle. Spicca la parola INCERTO, 21 volte. Ci sta, forse non è nemmeno negativo. Forse deve essere cosi’ il futuro. E poi tante altre risposte. Tra cui NESSUNO. E IMMONDIZIA. Vorrei abbracciarli tutti questi 51.
Perché il futuro è loro, e se siamo un minimo vicino a loro con la politica intelligente ed efficace, ma soprattutto con l’esempio, saranno uomini e donne che daranno forza all’ Italia.
Ecco Mario Calabresi, ecco Mario Monti: altro che fannulloni, altro che pessimisti, altro che sfigati. Teniamoceli stretti, questi giovani.
Sarà una grande covata questa, specie se vorremo essere con loro, a ampliare le loro opportunità, ad assecondare le loro speranze, a tranquillizzare i loro giusti timori ed il loro concreto scetticismo.
Mi dico con orgoglio. Questa è la mia classe, la classe del 2012.

Prof. Gustavo Piga



Ecco, non diamola vinta a chi pensa che siamo una generazione di nullafecenti, privi di idee e passivi a tutto ciò che ci circonda;

Il Futuro siamo e dobbiamo essere noi, ma nessuno ce lo verrà a consegnare tra le mani, ce lo dobbiamo andare a prendere, dobbiamo fare di tutto per conquistarlo, farci largo tra le mille difficoltà che oggi si incontrano: il lavoro, la scuola, la precarietà di una sicurezza che non c’è.

Non starò qui a fare un elenco di cose che possiamo fare per il nostro paese, più o meno culturali, artistiche, popolari etc etc, sono sicuro che chi leggerà questo mio pensiero avrà in cuor suo un progetto, un iniziativa, una proposta da formalizzare, ne sono certo, conosco tanti giovani che di dee ne hanno da vendere!

Ragazzi, se molliamo noi è finita.

30 Maggio 2012
Giorgio Marcellitto









venerdì 25 maggio 2012

QUELLO CHE LA CULTURA PUO’ FARE PER LA CITTA’ di V. P.

Fare il punto della situazione culturale prenestina, ed indicare percorsi futuri di intervento non è facile. Molte cose sono cambiate negli ultimi anni, e non sempre le novità di tipo sociale e politico che hanno interessato (ed interessano) la realtà locale sono immediatamente comprensibili e decifrabili. Le esperienze e gli interessi culturali dei cittadini - dei giovani soprattutto - si sono molto differenziati. Ed è cresciuto nel complesso il livello culturale della città, confermato dalla presenza e dall’attività di molti giovani, laureati o no (ottima, a tal proposito, la performance dei giovani relatori al convegno dell’Annunziata del 25 aprile u.s.). Come conseguenza di questo clima nuovo sono aumentate le organizzazioni culturali presenti in ambito cittadino, ciascuna delle quali ha proprie specifiche finalità. E’ importante che sia così, anche se il termine “cultura” deve essere sempre di più usato con le dovute cautele, in quanto di esso è ormai possibile solo un uso nei suoi aspetti più generali, poiché “cultura” -  è sempre più chiaro -  è tutto ciò che si fa, e che l’uomo gradua nella sua scala valoriale e cerca di comunicare e valorizzare. Il nostro Circolo “R. Simeoni”, per esempio, potrebbe benissimo omettere l’aggettivo “culturale”, in quanto pleonastico, poiché è scontato che la sua attività è “cultura”, come lo è quella di qualsiasi altra organizzazione che operi alla luce del sole, avendo in mente obiettivi di comunicazione, di valorizzazione e di promozione di idee e di valori, anche i più scontati e normali. Non era proprio così un quarantennio fa circa, quando il Circolo cominciò ad operare. Allora c’era la convinzione molto diffusa che “cultura” fosse un termine che indicasse qualcosa di superiore e separato dalle normali attività della vita, e stesse a significare soprattutto un’attività con cui distinguersi da chi non avesse, per es., interessi umanistico-letterari o scientifici di sorta, o non facesse nulla per elevare le conoscenze dei suoi simili o per migliorare le qualità politico-morali della sua città, della sua nazione, etc. Il Circolo nacque sulla base di questo assunto, che dette vita ad un intenso dibattito preliminare alla sua costituzione, durato molto tempo. L’associazione, in quanto tale, aveva anche indirettamente una valenza “politica” (e preoccupazioni per questa possibile valenza erano presenti in quel dibattito preparatorio), poiché affrontando e dibattendo tematiche sociali come “insegnamento della religione nelle scuole”, “salvaguardia dei beni archeologici prenestini”, “consumo di droghe”, “Concordato” “stato della giustizia” etc., finiva inevitabilmente per contaminarsi con problematiche politiche. Le implicazioni politiche della sua attività non significavano tuttavia venire meno ai propri dichiarati intenti culturali, anche se c’era chi attribuiva alla parola “politica” valenze esclusivamente negative, spesso confondendo il termine con “partito” o “fazione”, che sono altra cosa.


Metterei, quindi, al bando da questa lodevole iniziativa assunta dal Circolo (di un libero confronto su orientamenti e percorsi culturali possibili in un contesto come quello prenestino) la paura che qualche intervento possa avere un “taglio politico” e possa essere motivo di preoccupazione o scontro all’interno dell’organizzazione. Essenziali e discriminanti, per un’esperienza di partecipazione nell’ambito di una struttura quale la nostra, che conserva caratteristiche di “non professionalità”, dovrebbero essere solamente la predisposizione o meno ad accettare il confronto ed il dialogo. E dovendo dire la mia suggerisco un possibile percorso di dibattito ed all’iniziativa: la nostra associazione dovrebbe orientarsi di più e meglio verso la conoscenza del territorio, per individuare e  salvaguardare le testimonianze del passato ed elaborare strategie per valorizzare il patrimonio archeologico ed ambientale di cui disponiamo. Argomento questo che potrebbe essere una concreta base di lavoro culturale, di studio, di ricerca e di partecipazione. Neppure nuovo, poiché è sostanzialmente quanto si è cercato di fare nel corso della abbastanza lunga vita del Circolo. Ma sempre valido, ed ora nuovamente necessario.


Mi preme, a questo punto, soffermarmi su una questione che ultimamente sta suscitando più di una perplessità in ambito locale: la questione cioè della gestione del piano regolatore nei suoi rapporti in particolare con l’archeologia e con l’ambiente. Ho già accennato come queste questioni, collegate alla gestione del territorio, siano nello stesso tempo questioni di tipo culturale e politico, strettamente intrecciate tra loro. Ma parlarne è un dovere, né deve essere ritenuta un’ingerenza in campi non propri o di esclusiva pertinenza della politica, o degli specialisti. Merito, infatti, del Circolo, negli anni passati, è stato quello di aver partecipato, insieme anche ad altri protagonisti (vorrei solamente accennare alla passione ed all’impegno profusi allora dal dott. Coari, dalla Biblioteca comunale ed altri), alla grande mobilitazione cittadina in favore della difesa e della salvaguardia del patrimonio archeologico ed ambientale locale. Si trattava, allora di far riemergere Palestrina dal baratro nel quale era precipitata a seguito di una lunga stagione (anni sessanta e settanta), all’insegna dell’abusivismo e del saccheggio del patrimonio archeologico, che gravi danni aveva arrecato al patrimonio medesimo, ma anche alla politica ed al costume locali. La qualità dei tre convegni archeologici - cui è seguita la pubblicazione dei relativi atti - realizzati a suo tempo, sono un punto fermo nella storia della salvaguardia del patrimonio archeologico prenestino, e possono essere senz’altro presi come punti di partenza per aprire una nuova fase, sempre sulla scia di quella impostazione. L’iniziativa culturale, sostenuta e promossa dal nostro Circolo, ebbe – tra l’altro - allora la capacità di arrestare la grave deriva del saccheggio del patrimonio archeologico prenestino, e fu coadiuvata dal fondamentale apporto scientifico ed operativo della Soprintendenza, che avevano saputo anch’esse trarre una (sofferta) lezione dalle vicende giudiziarie della seconda metà degli anni settanta (inchiesta sul Quadrilatero). Da allora anche la Soprintendenza non è stata più vista come un potere ostile, magari da circuire per ottenere facili nulla osta di edificazione, ma sempre nemica e da evitare. Anch’essa e stata  protagonista della rinascita archeologica e di una nuova identità cittadina, disponibile ad accettare l’apporto dei cittadini e delle associazioni culturali presenti nel territorio, pur nei limiti delle risorse disponibili e delle rispettive competenze. La politica locale ha dovuto trarre le sue conclusioni e si è dovuta progressivamente adeguare. Una delle conseguenze più vistose e positive di questo adeguamento è stata proprio la fine del blocco di potere che aveva favorito la lunga e deleteria stagione dell’abusivismo e delle licenze facili in aree che dovevano invece essere rigorosamente sottoposte alla tutela. La cultura locale, e la politica, credo mai siano state così vicine ed interagenti come quando il cambiamento amministrativo dei primi anni novanta aveva lasciato sperare che una nuova strada fosse definitivamente stata imboccata, soprattutto nel modo di concepire la città nei suoi rapporti con l’archeologia. Segno questo che i linguaggi della cultura e della politica possono incontrarsi, e non necessariamente stare sempre su barricate contrapposte, come troppo spesso avviene e come in più di qualche caso fa comodo che così sia.


Ha cominciato ad affermarsi in quegli anni la convinzione che città moderna (o storicamente determinata) ed archeologia (vecchia o recente), non dovessero più essere l’una nemica dell’altra, che non avrebbero più dovuto danneggiarsi (fagocitarsi) a vicenda, ma potevano insieme concorrere, con autonomi percorsi a creare una sorta di “nuova città”, nella quale rispetto e valorizzazione delle testimonianze del passato e possibilità di risiedere fossero compatibili. Su questa linea importante è stata l’azione del Circolo culturale, con le sue numerose pubblicazioni specifiche, con i “Maggio in archeologia  (che sono stati spesso occasione per dare per la prima volta in pubblico notizia di ritrovamenti archeologici)”, con conferenze ed incontri. Sempre nella convinzione che ciò servisse a rafforzare l’acquisizione culturale di cui dicevamo, e cioè che città ed archeologia potessero coesistere ed aiutarsi a valorizzare se stesse. 


La politica locale, componente fondamentale di questo binomio, progressivamente però sta venendo meno all’impegno assunto in quel periodo. Con il passare degli anni sempre di più e sempre in modo più invasivo sta ricadendo nelle logiche del passato, con rinnovata voracità. E si arriva ai casi dei giorni presenti, che molto allarme stanno suscitando tra i cittadini. Alla concessione cioè di licenze discutibili in aree in cui le testimonianze archeologiche rinvenute lasciavano immaginare una diversa sistemazione e un diverso esito urbanistico, alla compromissione lenta ma inesorabile dei quartieri più antichi della città (con discutibili e non controllati interventi di recupero e ristrutturazione), all’attacco alle bellezze del paesaggio. Sembra di essere tornati all’anno zero. E’ preoccupante, inoltre, che quanto sta succedendo non alimenti un forte dibattito – come sarebbe lecito attendersi - né tra le forze politiche, siano esse di maggioranza o di opposizione, ma neppure tra le associazioni (le molte associazioni) presenti in città. I destini della città (mi si passi questa espressione forte) diventano nuovamente appannaggio della speculazione edilizia, la più brutta ed invasiva, e la cultura non se ne accorge, non prende posizione, non fa sentire la propria voce, sicuramente non immediatamente decisiva, ma in grado di rappresentare uno spartiacque e suonare come campanello d’allarme per la  politica.


Credo che il dibattito che si vuole aprire all’interno del nostro Circolo debba vertere anche su queste questioni, che sono il vero “respiro culturale”, non provinciale e straordinariamente qualificante per la nostra città. Senza pensare di sostituirsi alla politica, ma neppure senza ignorare quanto sta avvenendo, sapendo che un tale dibattito può sicuramente diventare il traino principale per una ripresa civile ed anche economica della realtà cittadina. Con l’archeologia Palestrina ha sempre parlato e può continuare a parlare al mondo, con gli scempi e la cementificazione  a pochi e ristretti interessi.
Palestrina, 25 Maggio 2012              
                                                                                                                                                         V. P.
                                                                                                                                                                                                       



martedì 22 maggio 2012

DA COSA RIPARTIRE (DOMANDA O AFFERMAZIONE) di Marco Polani



Indubbiamente la situazione socio economica che investe il Paese Italia, scoraggiando da una parte ed indebolendo  dall’altra lo spirito di iniziativa, si ripercuote in maniera visibile su realtà provinciali. Mettendo da parte lo spirito di critica, di lotta bipolare, di fazioni e di invidie URGE SAPERE o quantomeno riflettere su come e da dove ripartire. L’idea di questo blog, senza connotazioni politiche di alcun tipo, sottolinea il carattere di impegno socio-culturale che il Circolo Simeoni ha avuto nel tempo e continua a portare avanti.
Molte “celebrità del pensiero” ci aiuteranno a far emergere le caratteristiche che rendono Palestrina, l’area prenestina, e più in genere l’Italia un unicum a livello mondiale: parlo di cultura, mete turistiche, emergenze storico-architettoniche, prodotti locali.
Lo scopo del blog e degli articoli sarà quello di portare agli occhi di tutti queste risorse ed istigare nelle coscienze singole la voglia di ripartire in progetti economico-culturali che facciano ravvivare e riavviare il paese e siano da sprone per iniziative future.

LA POPOLAZIONE NON DORME, MA RISPONDE
Mi riferisco agli eventi organizzati presso la nostra sede, tutti con un altissimo grado di presenza: sia durante l’inaugurazione di mostre, sia durante la presentazione di libri, sia durante i concerti musicali.
Ammetto con molta sincerità che la location (Palazzo Barberini) aiuta enormemente e vela di magia ed incanto ogni evento, ma ammetto allo stesso modo che ogni evento è stato realizzato grazie all’impegno di tutto il nostro Direttivo con un budget low cost ed un grande sforzo; la finalità di tutto ciò?
 Molteplici i risvolti: innanzitutto un’occasione per chi era presente di arricchimento culturale, la possibilità per gli artisti di vendere il proprio “prodotto-cultura”, lo scambio di idee e la crescita personale, un pomeriggio di svago e sollievo dalle noie quotidiane.

Mi auguro che questo blog di informazione e non di critica risulti utile a molti per reagire a questa nostra comune situazione di stallo (soprattutto giovanile).
Mi auguro che questo blog senza bandiere e senza preconcetti dia spazio a chi ha realmente bisogno di spazio per dimostrare la validità delle proprie idee e dei propri “prodotti culturali”.
Prendiamo atto che una rinascita “artigianale” delle nostre cose è il modo per emergere in un panorama ampio e vasto.
Tratteremo argomenti vari: dall’enogastronomia al turismo, dai libri alla fotografia, dalle problematiche sociali a quelle ambientali.

Non faremo domande, ma daremo risposte.
Non criticheremo, ma sopperiremo alle mancanze degli altri.
Non lasceremo fare, ma faremo.



Marco Polani

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