venerdì 15 marzo 2013

UNO SCATTO ALL'INTERNO DELLA CHIESA DI SANTA LUCIA (Palestrina) di Antonio di Pace

"Uno scatto all’ interno della Chiesa di S. Lucia. La pietra di colore rosso (che si chiama “Rosso Verona”) contiene delle “ammoniti” di dimensioni decimetriche. Le ammoniti sono importantissimi molluschi del Mesozoico (dalla tipica forma a spirale) che si sono improvvisamente estinte 65 milioni di anni fa, insieme con i grandi rettili. Queste estinzioni furono così importanti da segnare il passaggio tra l’Era Mesozoica e quella Cenozoica o Terziaria. Probabilmente furono causate dall ’impatto sulla Terra di un enorme meteorite le cui conseguenze modificarono completamente il clima del nostro pianeta causando, appunto, imponenti estinzioni di massa. Un frammento di Storia della Terra “scritto” su una lastra che pavimenta una chiesa di Palestrina!" Prof. Antonio Di Pace (nostro neo-Socio e futuro collaboratore nello studio dei marmi prenestini)

mercoledì 13 marzo 2013

CONCORSO ELEMENTI AD ARTE - PREMIO “MARIA TERESA SBARDELLA” - I° EDIZIONE – L’ACQUA


Il Circolo Culturale Prenestino “Roberto Simeoni”, promuove per l’anno in corso, il Premio “Maria Teresa Sbardella” - Elementi ad Arte
La prima edizione è dedicata al tema dell’acqua.
L’idea di questo primo concorso è quella di sensibilizzare i partecipanti sul tema dell’acqua e del suo uso (fontane, fontanelle, fontanili, lavatoi e abbeveratoi), in quanto è nostro preciso intento porre l’accento su questa peculiarità che caratterizza la Città di Palestrina.
Nello specifico lavatoi e fontane, comunemente denominati “il parlamento o il tribunale delle donne”, hanno rappresentato per secoli importantissimi luoghi di riferimento e punti di ritrovo e socializzazione per le donne; infatti la scena di una donna o di un gruppo di donne che si recano alla fontana per lavare i panni o per attingere acqua, doveva essere una tra le più comuni immagini di vita quotidiana lungo le strade della Palestrina di una volta. Inoltre erano diffusi anche fontanili e abbeveratoi dove si facevano abbeverare gli animali. Per quanto concerne i significati simbolici attribuiti all’acqua, essi si legano principalmente all’essere sorgente di vita, mezzo di purificazione e centro di rigenerazione.

Il concorso prevede, nel mese di Settembre p. v., la realizzazione di un evento espositivo, nella sede del Circolo, di tutte le opere concorrenti e l’assegnazione finale di un premio all’opera scelta per ogni categoria.

Regolamento
Art. 1 –Requisiti per l’ammissione
Il concorso è aperto a tutti e a seguenti forme d’arte espressive (pittura, scultura, fotografia, prosa, poesia e musica). Ogni autore può partecipare con un massimo di 3 (tre) opere. 
Art. 2 – Domanda di partecipazione
La domanda di partecipazione dovrà essere redatta e sottoscritta dall’autore sull’apposito modulo allegato al presente regolamento o scaricabile dal sito internet: www.circolosimeoni.it oppure www.circolosimeoni.blogspot.it. Saranno prese in esame tutte le domande spedite entro il 31 Maggio 2013. La domanda di partecipazione deve essere corredata da:
-       Certificato o autocertificazione indicante data, luogo di nascita e residenza.
-       Copia dell’avvenuto pagamento del rimborso per diritti di segreteria.
Entro e non oltre il 31 Maggio 2013 deve essere recapitato (previo accordo telefonico) il plico contenente le opere direttamente presso la sede del Circolo, Via Barberini 28 – 00036 Palestrina. Per le categorie (fotografia, prosa, poesia e musica), c’è la possibilità di spedire le opere all’indirizzo: Circolo Culturale “Roberto Simeoni” – Premio “Maria Teresa Sbardella” – Via Madonna dell’Aquila 11 – 00036 Palestrina (RM).
L’organizzazione non è responsabile di eventuali disguidi o ritardi postali o altri mezzi di spedizione.
Art. 3 – Quota di partecipazione
Il rimborso, per diritti di segreteria,è fissato in 10 (dieci )Euro con le seguenti modalità:
-       mezzo c/c postale N. 83671
La ricevuta dovrà essere allegata alla domanda di partecipazione con un certificato o autocertificazione indicante la data di nascita e luogo di residenza.
Art.  4 – Selezioni
La giuria di esperti incaricata dal Circolo Culturale Prenestino “RobertoSimeoni”, a suo insindacabile giudizio, sceglierà le 6 (sei) opere vincitrici, una per ogni categoria. I criteri fondamentali della selezione saranno la qualità, la ricerca, l’innovazione e la contemporaneità.

Art. 5 – Premi
Attraverso il giudizio della giuria, il Circolo Culturale Prenestino “Roberto Simeoni”, premierà un vincitore per ogni categoria (pittura, scultura, fotografia, prosa, poesia e musica). La cerimonia di premiazione avverrà a Palestrina nella sede del Circolo alla presenza della giuria il 22 Settembre 2013.
Ogni partecipante riceverà un attestato di partecipazione.
I premi non ritirati entro 30 giorni dalla data di premiazione s’intendono di proprietà del Circolo.
Art. 6 – Esonero di responsabilità
Preso atto che il Circolo adotterà tutte le misure precauzionali per evitare che possano occorrere danni alle opere esposte, ogni autore,accettando di partecipare al concorso, esonera il Circolo da ogni responsabilità non connessa all’organizzazione dell’evento ma imputabile ad atti o imprevisti causati da terzi o dal caso.
Art. 7 – Accettazioni e Coyright
La partecipazione al concorso implica la conoscenza e l’accettazione delle norme contenute nel presente bando. L’autore, è interamente responsabile dei contenuti (visivo e testuale)del materiale inviatoci. Pertanto non saranno ammesseopere che violino le basilari norme morali e collettive o che siano finalizzate ad incitamento politico.
Il candidato autorizza espressamente il Circolo Culturale Prenestino “RobertoSimeoni", a trattare i dati personali del partecipante ai sensi della legge 675/96 (‘legge sulla Privacy’) e successive modifiche D.lgs. 196/2003 (Codice Privacy). Ogni controversia sarà trattata in Italia e secondo la legge italiana.L’Organizzazione si riserva il diritto di apportare variazioni al bando qualora se ne presenti la necessità.
Art. 8 – Ritiro delle opere
Il ritiro delle opere presentate al concorso è a totale carico degli autori e deve avvenire non oltre 30 (trenta) giorni dalla chiusura della manifestazione.

Per partecipare scrivici alla mail: info@circolosimeoni.it oppure scarica l'immagine sotto, compilala ed inviacela





mercoledì 19 dicembre 2012

MENTEMARKET di Marco Polani



Un mercatino sociale dove artisti e cultori si incontrano per esporre le proprie opere: dal vintage ai gioielli, alle borse, alla bigiotteria, ai sapori, alle creazioni natalizie ed artigianali, dai libri ai prodotti artistici e di design. È ciò che è stato organizzato al Mentelocale (Palestrina) domenica 16 Dicembre. Un’ottima organizzazione (Mentelocale 2.0 in collaborazione con LOKO) con prodotti artigianali, fatti per passione più che per lucro, con la finalità di condividere la propria arte. Arte intesa nel senso più ampio del termine ed applicata indiscriminatamente a tutti i campi. L’affluenza di una numerosa fetta di pubblico ha testimoniato la riuscita dell’evento, ma soprattutto ha sottolineato il sempre più grande interesse al prodotto locale (non solamente alimentare, ma anche artigianale).
Ciò che qui si crea, qui si espone.

Una concezione inversa rispetto alla connotazione negativa della globalizzazione. È infatti un esempio di forte creatività locale, voglia di mettersi sul mercato con la propria arte, essere competitivi con i propri prodotti in primo luogo nel proprio paese, ma non necessariamente solo in questo. Sfruttare la globalizzazione non solo per importare, ma soprattutto per esportare.
Ripartire dal locale quindi.

Un ottimo aperitivo ed una buona musica hanno accompagnato l’esposizione dei prodotti. Particolarmente interessante è stata la sezione album/dischi musicali, alcuni “pezzi rari”, così come l’angolo “moda” allestito sul palcoscenico del locale, o meglio ancora le produzioni alimentari locali (olio ecc). Tutta l’oggettistica nel complesso è risultata accattivante: portapenne, segnalibri, agende, tutti elementi semplici, ma che, parallelamente a cellulari, pc e tecnologie varie, ci accompagnano in tutte le azioni quotidiane.



martedì 11 dicembre 2012

I SEGRETI DEI PALAZZI DEL POTERE DI ROMA (un racconto autobiografico di Umberto Croppi) DI MARCO POLANI


Come ogni lunedì, il risveglio è stato duro e faticoso.. la sveglia ha suonato inutilmente per andare a lavoro.. ci ha pensato mia madre a fare da sveglia: “alzati, hai sentito ieri Umberto? Alle 7 stava al treno a Zagarolo per andare a fare l’assessore a Roma”
Foto di Silvana Santi

Ieri al Circolo Culturale Prenestino “R. Simeoni” abbiamo presentato, insieme a L’Indiscreto Magazine, il libro “Romanzo Comunale” di Umberto Croppi. Questo il preambolo che avevo fatto sul numero di Dicembre de L’indiscreto: “ Il libro affronta un tema politico sicuramente, ma in esso possono scorgersi delicati equilibri, psicologie, tattiche, strategie, marketing, delusioni, tradimenti (affascinante è stato tutto il capitolo dedicato alla campagna elettorale di Alemanno) che sdoganano la politica da una visione negativa (si pensi all’antipolitica imperante), riportandola ad un’alba dorata: ripensiamo a Platone, Plutarco, Marx, Machiavelli, Hobbes, Locke ecc…” . Un preambolo che non è stato deluso; gli argomenti trattati sono stati molti e vari ed, ovviamente, anche politici. Dopo il mio benvenuto ai numerosi presenti ho lasciato la parola ad Emanuele Venditti che ha ripercorso a grandi linee la storia politica di Croppi, soffermandosi più volte sul tema culturale, nello specifico su quello cinematografico, sottolineando tutto l’apporto ed il contributo che l’Assessore alla Cultura di Roma ha fornito per internazionalizzare la Capitale e riportarla a splendori che sono andati persi nel tempo. Subito dopo Alessandra Mammì, giornalista de L’espresso è entrata nel merito della diatriba Croppi – Alemanno, riportando alcuni episodi specifici per poi passare la parola all’autore del libro, che ha sottolineato ancora di più, con tono molto enfatico il suo ruolo all’interno della Giunta Alemanno.
Foto di Silvana Santi

Mi lascio andare a qualche considerazione che è emersa durante la conferenza, ma soprattutto durante il dibattito successivo.. numerosi sono stati gli interventi (fortunatamente) che hanno fatto slittare l’aperitivo finale alle 20.00.. siamo andati un po’ lunghi con i tempi, questo a sottolineare l’interesse per un argomento, la politica, al giorno d’oggi facilmente preda di connotazione negativa.

Ho acceso subito la discussione ponendo due questioni sottolineate da Croppi nel libro:
1-      Il passaggio dalla sponsorship alla partnership, quindi il ruolo (marginale, ma necessario) del privato sulla cosa pubblica, sapientemente argomentato da Umberto Croppi con esempi specifici ed importanti: quindi una parentesi aperta sui parchi tematici, un parallelo tra Parco Giochi di Valmontone (era presente in sala anche l’On. Angelo Miele) e il Museo Archeologico di Palestrina, così come l’idea di Cutrufo a Roma di creare il parco tematico di Roma Antica. La risposta dell’ex assessore è stata semplice e chiara, cito una sua intervista del 25 Gennaio 2011 su “Affari Italiani”: “… l’idea di Roma che si ha all’estero è ferma e museale, addirittura caricaturale. L’idea più diffusa di Roma è addirittura la caricatura di se stessa. Quindi noi abbiamo la necessità di superare questo handicap con strumenti seri.” La risposta di Croppi è stata quella di “un intervento finanziario del privato che non può essere sostitutivo del pubblico ma che con questo deve interagire” e di una precisa strategia di marketing finalizzata (riuscendoci) all’internazionalizzazione di Roma: permettere ad un’ampia fetta di utenti di far conoscere il Paese, portandolo a divenire meta turistica.
2-      Il ruolo delle Archistar a Roma, partendo dalla “teca” di Meier a Roma, passando a Zaha Hadid con il MAXI, a Renzo Piano, a Franco Purini, a Fuksas e via dicendo.. E’ importante invitare l’opera di questi architetti se poi la realizzazione dei loro progetti si ferma a quella divisione partitica della Capitale sottolineata nell’esempio appunto della teca dell’Ara Pacis di Meier oggetto di polemiche (Sgarbi tra gli altri)? Croppi ha fatto ben intendere che, qualsiasi legislatura ci sia, ricorrere ai geni dell’architettura non può che far bene al nostro Paese, confermando la sua volontà di dare un accento europeo alla capitale (basti pensare a Berlino, Amsterdam o il Guggenheim di Bilbao, vere e proprie mete turistiche per le loro architetture contemporanee)


Ho riportato solo i miei due interventi perchè riscrivere le quasi due ore di conferenza risulterebbe impossibile e quantomeno noioso. Sono intervenuti molti del pubblico: il giornalista Massimo Sbardella, l’On. Angelo Miele, la giornalista Eleonora Minna ed altri ancora a parlare della “nuova politica”, dell’antipolitica, dell’evoluzione politica di Croppi, del suo operato a Roma e delle sue mire politiche future..
Foto di Silvana Santi

Così come aperto, riprendendo l’esclamazione mattutina di mia madre, totalmente disinteressata dalla politica, ma vicina alle persone per sua deformazione professionale (ex insegnante): l’uomo Croppi, non il politico e nemmeno l’intellettuale (come non si definisce) che si dedica al suo obiettivo con dedizione, razionalità e sacrificio; è questo quello che emerso principalmente, almeno ai miei occhi.
Un’ultima citazione del libro, che potrebbe essere utile a tutti coloro che volessero avvicinarsi alla politica (necessaria soprattutto in questo periodo di sfiducia per l’Italia intera), per concludere: “..un’attitudine post ideologica che ormai è sedimentata in una visione concreta della politica. La cosa pubblica non ha nulla a che spartire con la storia delle idee e men che meno con l’esperienza politica individuale

martedì 27 novembre 2012

UNA LEZIONE DI STORIA di Paolo Rosicarelli



Domenica 25 novembre nella sala della trifora di palazzo Barberini, sede del Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni, è stato presentato il libro "Airone1" del Generale dei Carabinieri Antonio Cornacchia , nome in codice che aveva il Generale da Comandante del Nucleo Investigativo.
Il Generale Cornacchia, ora avvocato e professore, è stato il comandate del nucleo investigativo  dei carabinieri negli anni meglio noti come "anni di piombo", cioè gli anni 70 -80 durante i quali la nostra nazione ha vissuto forse uno dei periodi più bui del dopoguerra e durante i quali l’Italia ha subito i maggiori attacchi alla sua democrazia, iniziando dalla bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano del 1969 fino al rapimento ed all’uccisone dell’onorevole Moro e della sua scorta. Airone1 è un libro scritto con un linguaggio a metà tra sceneggiatura e cronaca giudiziaria. In questo racconto fatto dal generale Cornacchia e all’ ingegnere appassionato di scrittura Angelo Giannelli Benvenuti, sono raccontati gli anni più oscuri e tormentati della storia italiana contemporanea; il terrorismo rosso, nero, ma anche bianco e giallo come si può leggere nel libro; le bande criminali; i marsigliesi del traffico di droga e delle bische; l’anonima sarda dei sequestri; la banda della Magliana padrona della capitale; Renato Vallanzasca, catturato a Roma proprio dai carabinieri dell’allora Colonnello Cornacchia. 
Un filmato ha introdotto i maggiori casi di cui si è occupato il reparto guidato dal Generale. Al termine del filmato l’intervento è stato più che una presentazione di un libro una intensa lezione di storia contemporanea italiana. Il Generale Cornacchia, con un velo di commozione trasmesso anche ai presenti, ha raccontato come si salvò dall’ agguato delle brigate rosse che volevano uccidere lui ed il Colonnello Varisco: un impegno di servizio lo fece arrivare sul luogo dell’appuntamento che aveva con il Colonnello Varisco con qualche minuto di ritardo, quando il commando assassino aveva già ucciso il colonnello. Il libro è stato scritto, usando una locuzione popolare, “senza peli sulla lingua”  facendo anche nomi e cognomi di chi avrebbe potuto fare o almeno fare di più per combattere la criminalità organizzata e terroristica; per questi motivi non tutti i maggiorenti hanno gradito questo libro, però come l’autore ha dichiarato fino ad ora nessuno lo ha denunciato perché si tratta di fatti e non di supposizioni.
Come dicevamo si è trattato di una lezione di storia, ed in sala erano presenti dei testimoni diretti di questa storia, le Medaglie d’Oro al Valore Civile Generale Giancarlo Iachetti ed il Luogotenente Elio Centurioni entrambi feriti il 12 Marzo 1977, durante un posto di blocco sul Lungotevere da terroristi delle Brigate Rosse. Altro testimone della storia di quel periodo presente in sala con i genitori è stato Ettore Bernardi, rapito in casa sua a Cisterna nel marzo del 1979 a soli 11 anni. I Carabinieri del Generale Cornacchia riescono ad individuare il nascondiglio ed a liberare il piccolo nel giro di una settimana. Il coautore del libro Angelo Giannelli Benvenuti ha letto un brano del libro riguardante la vicende di questa liberazione. Le due ore di conferenza del Generale Cornacchia sono volate comprese le domande e le relative spiegazioni.
Gli assenti hanno sicuramente perso la possibilità quasi unica di un arricchimento umano, culturale e storico. Parlare con la storia non capita tutti i giorni! 
Domenica noi lo abbiamo potuto fare. Al termine della conferenza, dopo aver omaggiato il Generale con una pubblicazione del Circolo, la serata è continuata con un drink tra domande e richieste di spiegazioni alle quale l’autore è stato ben felice di rispondere.

Paolo Rosicarelli

lunedì 12 novembre 2012

IL SANGUE NON SI CANCELLA di Enrico Maria Tomassi



Questo è il primo movimento di massa della storia che non sta chiedendo niente per se stesso, vuole solo giustizia per il mondo.(Susan George, economista)


La globalizzazione è un fenomeno inevitabile: si tratta del normale incremento nel tempo delle relazioni e degli scambi a livello internazionale. E’ un fenomeno che investe diversi fronti, da quello politico a quello culturale, da quello sociale a quello giuridico, ecc.
Sul piano economico il termine globalizzazione serve a indicare vari fattori: l’abbattimento delle barriere commerciali; l’aumento dei volumi del commercio internazionale; la maggiore integrazione economica tra paesi; la mobilità internazionale dei capitali; la liberalizzazione del mercato del lavoro; l’ampliamento degli sbocchi delle merci sui mercati. Presa così la globalizzazione non è nient’altro che la creazione di un enorme mercato che riesca a coprire l’intero globo, un mercato a cui chiunque può accedere.
Ma si sa, in economia il fattore uomo è molto influente su qualsiasi tipo di mercato. E’ l’uomo che crea e dà sempre più potere alle multinazionali, imprese che organizzano la loro produzione almeno in due paesi diversi. E’ l’uomo che guida queste società a caccia di sempre più profitto, spostando la produzione dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, zone dove spesso i diritti umani non sono garantiti e dove i salari da pagare sono davvero bassi, a volte quasi irrisori.
La globalizzazione pilotata da queste multinazionali non porterebbe benefici né per la popolazione dei paesi industrializzatiné per quella deipaesi in via di sviluppo, provocando al contrario la distruzione di buona parte dell’economia di entrambe.

Per questo persone di ogni età, nazionalità, lingua, religione o opinione politica, si ritrovavano a Genova quel terzo week end di Luglio 2001, mentre i capi delle otto potenze più industrializzate del mondo decidevano le sorti della globalizzazione economica.I manifestantierano tutti lì per chiedere a quegli otto uomini giustizia per il mondo: una serie di regole internazionali per moderare il fenomeno della globalizzazione, ponendo maggiore attenzione all’uomo e all’ambiente. Si facevano chiamare Movimento No-global: un insieme internazionale di gruppi studenteschi, organizzazioni non governative, partiti politici, sindacati, movimenti religiosi, associazioni ambientaliste, centri sociali,movimenti femministi, oppure singoli individui, illuminati sul lato oscuro della globalizzazionemagari dopo aver letto NO LOGO della giornalista Naomi Klein. Marciavano colorati, cantando, suonando, ballando e urlando slogan in maniera pacifica.
Poi c’erano i BlackBloc, un gruppo d’individui armati e vestiti di nero che adotta l’omonima tattica: cercare lo scontro diretto con le forze dell’ordine e distruggere sedi istituzionali, banche, vetrine di negozi di multinazionali e pompe di benzina, tutti simboli del capitalismo alla guida della globalizzazione. Non si tratta di un movimento con una precisa ideologia politica, ma di un ammasso di violenti che s’infiltrano all’interno di manifestazioni pacifiche, danno origine a scene di guerriglia urbana, distruggono tutto e poi scappano via.

Camminavo nella nebbia quel tardo pomeriggio del 4 Novembre, mentre stretto nel bavero della mia giacca andavo a vedere Diaz– Don’t clean upthisblood al Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni.
Quel fumo denso lo ritrovai proiettato sullo schermo, ma stavolta si trattava di quello dei lacrimogeni o di quello delle macchine date alle fiamme. Poi le urla di guerra, le vetrine spaccate dai BlackBloc e la carica dei Carabinieri in Via Tolemaide. In Piazza Alimonda ci scappa il morto: si chiama Carlo Giuliani, un ragazzo genovese di soli 23 anni. A ucciderlo con un colpo di pistola un impaurito Carabiniere ausiliario di due anni più piccolo. La notizia fa il giro del mondo. Genova appare nei tg e sulle prime pagine dei giornali come una città blindata dove si respira aria di guerra.
Alcuni partono, altri restano, mentre altri ancora arrivano.

Inizia così il film di Daniele Vicari, raccontando le vite di chi ruota intorno al Genoa Social Forum, l’organizzazione che durante il G8 di Genova aveva il compito di gestire l’enorme flusso di manifestanti provenienti da tutto il mondo.
I volontari del Forum organizzano le riunioni e i cortei, forniscono assistenza legale e logistica, e indirizzano i manifestanti negli alloggi messi a disposizione dal Comune di Genova.
Qualcuno chiede “Per dormire stanotte?”, qualcun altro risponde “Alla Diaz, c’è ancora posto.”.
Poi le cariche della Polizia sul Lungomare di Genova. Questa scena non è ricostruita attraverso la finzione cinematografica, ma quelle che vengono mostrate sono le reali immagini girate dai manifestanti travolti brutalmente della Celere. Giornalisti inviati da qualche testata, freelance, oppure semplici video amatori riprendono ogni istante della carica. Si arrampicano sugli alberi, alzano le mani e gridano “Non violenza! Per favore!” mentre cercano di sfuggire ai poliziotti inferociti, che comunque riescono a raggiungerli e a picchiarli a sangue con i manici deitonfa. Gli scontri durano ore.
Nel tardo pomeriggio una pattuglia passa per Via Battisti, proprio davanti la scuola Diaz. La sua corsa viene rallentata. Volano urla, insulti da parte dei manifestanti, e una bottiglia di vetro, che il regista tiene sospesa in aria per più di mezzo minuto prima di farla andare in mille pezzi vicino la ruota del Land Rover della Polizia.Sarà quella bottiglia il motivo scatenante dell’inferno nella Diaz. La scena dura un paio di minuti. L’auto riparte sgommando. Non ci sono feriti. O meglio, non ci sono altri feriti.
Al tramonto di sabato 21 Luglio si chiude il G8, e il bilancio dei feriti ammonta a poco meno di 300.
Quella sera si riuniscono gli organizzatori del Genoa Social Forum: la loro discussione è incentrata sui BlackBloc e sulla mancanza di un sevizio d’ordine all’interno dell’organizzazione che avesse diviso i pacifici dai violenti, mentre non si tengono in considerazione problemi seri, come quello dei diritti degli arrestati, del deflusso dei manifestanti e del malcontento dei Genovesi.
Intanto le forze dell’ordinedecidono di fare irruzione nella Diaz. Il pretesto è l’aggressione alla pattuglia di qualche ora prima. I vertici della Polizia stabiliscono che quella scuola non è l’alloggio dei manifestanti, ma il covo dei BlackBloc: chiunque si trovi lì dentro è un elemento pericoloso, forse solo perché veste in modo strano e beve birra.
Poco prima di mezzanotte, circa 300 poliziotti armati di caschi, scudi e tonfa sfondano le porte della Diaz. Sembrano una mandria di bestie inferocite che distruggono tutto ciò che incontrano al loro passaggio, comprese le vite di chi alza le mani e grida “Non violenza!”. Il pavimento si trasforma in un lago di sangue sotto i colpi di quei poliziotti, che presi da un furioso sadismo non sanno fermarsi neanche quando gli viene ordinato di smettere.I corpi insanguinati dei manifestanti svenuti vengono ammassati come fossero cadaveri raccolti su un campo di battaglia.
In quella scuola non ci sono i BlackBloc, ma 93 manifestanti vengono comunque arrestati. Alcuni sono trasportati in ospedale, altri nella Caserma di Bolzaneto. Quello che vivono non è l’ultima mezz’ora di un film, ma un incubo vero che dura ore e ore. Le torture inflitte ai manifestanti in quella Caserma credo di averle viste solo nella prigione di Abu Ghraib in Iraq.

Di un film non si racconta mai la fine. Ma questo non è un film, è una storia vera, che a distanza di 11 anni, non riesce ancora a trovare la sua fine.
Dei circa 300 poliziotti partecipanti all’operazione della scuola Diaz, solo 29 sono stati imputati e processati. Di questi, solo 25 sono stati condannati in primo e secondo grado. La loro pena ammonta complessivamente a 98 anni e 3 mesi di reclusione. Le Corte di Cassazione ha confermato le condanne di17 imputati, mentre per gli altri 8 i reati sono caduti in prescrizione.
Dei 54 imputati e processati per i fatti della Caserma di Bolzaneto, ne sono stati condannati 44. La pena è di natura pecuniaria, e ammonta complessivamente a più di 10 milioni di Euro.

Delle manifestazioni di violenza del G8 di Genova ormai si sa tutto. Gli occhi del mondo erano puntati su quella città quel terzo week end di Luglio. Con i milioni di filmati in circolazione è possibile ricostruire, secondo per secondo,intere parti di quei giorni. Le testimonianze di chi ha vissuto quei tre giorni, invece, permettono di ricostruire quelle parti sfuggite alle telecamere.
Su tutto questo si basa anche la ricostruzione di Vicari. Eppure il suo film ha incontrato una serie di ostacoli, sia in fase di produzione che in quella di distribuzione.
DiazDon’t clean upthisblood è stato interemente prodotto dalla casa di produzione cinematografica italiana Fandango, dalla francese LePacte e la rumena Mandragora. Nessun altro si è interessato alla produzione di questo film.
Per quanto riguarda la distribuzione, in Italia è uscito in sole 200 copie e non tutti i cinema hanno deciso di proiettarlo. Inoltre nessuna emittente televisiva si è dimostrata interessata, almeno per ora, all’acquisto dei diritti del film, quindi con molta probabilità Diaz non passerà in tv. Il film ha fatto il giro dell’Italia soprattutto grazie ad associazioni e circoli, proprio come il Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni.
Nonostante tutti questi sforzi, molti hanno scelto comunque di non vederlo, bollandolo come film di sinistra: un film schierato politicamente, un film che distorcerebbe in qualche modo la realtà dei fatti per supportare un’ideologia, anche se ormai le ideologie politiche nel nostro paese sembrano tramontate da un pezzo. Eppure la critica, di qualsiasi colore politico, l’ha definito come un film veritiero, un film che, attraverso i video originali e la ricostruzione cinematografica, riesce a comunicare la verità cruda delle violenze orribili compiute prima nella scuola Diaz, e poi nella Caserma di Bolzaneto.

Amnesty International ha definito queste drammatiche vicende come “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”.
Dire che la ricostruzione di Daniele Vicari sia solo un film schierato politicamente, è un po’ come affermare nel 2012 che quella raccontata da Steven Spielberg con Schindler’sList sia solo una favola.

DiazDon’t clean upthisblood è un film da vedere, per ricordare che l’uomo occidentale moderno, quell’uomo che si definisce amante della democrazia e della pace, è ancora in grado di compiere azioni disumane.
Diaz – Don’t clean upthisblood è un film da vedere, per ricordare il sangue versato di chi, in un paese democratico e amante della pace, ha provato a manifestare la propria idea pacificamente. Un sangue innocente che torna a macchiare la storia, non solo del nostro paese. Un sangue che non può essere cancellato.


sabato 3 novembre 2012

TALENTI LIMITROFI: PIU' SPAZIO ALL'ESPRESSIONE! di Camilla Salvi



Palestrina. Patria della musica: Pierluigi passa il testimone alle nuove generazioni, poeti cantautori o buoni a nulla?
Escluso dal Talent Show “X Factor” il giovane cantante Nicola Aliotta proveniente da Cave, il quale Giovedì sera nella sesta puntata della trasmissione è stato eliminato, e con la coda tra le gambe torna tra la “plebe” con l’ennesima dimostrazione che il mondo dello spettacolo è un universo per pochi eletti, non basta la passione. Non solo la televisione, ma anche le iniziative musicali hanno aiutato i talenti locali ad emergere grazie a delle performance in locali o manifestazioni pubbliche che si sono rivelate eccellenti: Possono essere definiti artisti? Sicuramente grande seguito tra i ragazzi l’ha avuto la band esibitasi nell’ultima manifestazione di “Nel Nome Del Rock” e in “RadioOlevano” : “Jack the Hustler”, band Rock-Funk composta da Giacomo Mattogno Dario Fiorentini e Timoteo Rondina, in collaborazione con David August promessa della musica elettronica,il quale ha prodotto uno dei dischi del gruppo. Suoni minimal, distorti e d’impatto che creano atmosfere surreali che coinvolgono il pubblico e aprono un portale su un mondo parallelo. Gruppi ancora “Work in progress” come quello dei “Sinergia”  composto da Manfredi Rondina Lorenzo Magnante, Cuppone Michela e Alessio Milana,  che si sono esibiti in “Giochin’ Arte” presso Cave. Diversi generi si uniscono in modo consonante e melodico in un’armonia che si lega perfettamente al testo, le corde del basso pizzicate dalle abili mani del bassista si intrecciano come dei fili cucendo la ferita aperta dei testi:pura poesia. Momenti di malinconia modellati dalla graffiante voce del cantante  si contrappongono alla simpatia e alla spensieratezza di alcuni reef e passaggi intermedi che rendono le canzoni dei “Sinergia” uniche e particolari.
L’ingrediente segreto però oltre alla bravura indiscussa dei musicisti e al peculiare tocco stilistico dei testi è senz’altro la trattazione, nell’ambito degli elaborati, di temi che si insidiano sinuosi e scalfiscono sia l’inquietudine del singolo che quella della collettività: un “Locus Amoenus” rappresentazione ingannevole del quotidiano che rispecchia la società stessa.
Ottima esibizione anche quella del cantautore Simone D’Andrea che, con il suo “Pocaroba” ha conquistato il pubblico presente all’esibizione. Chitarra e voce, la semplicità che prende vita e sfocia in una rabbia armoniosa: il realismo e la crudezza dei testi che si inseguono in diapositive immaginarie che passano veloci sotto l’occhio dell’ascoltatore e descrivono l’altro lato del “vissero felici e contenti”. Una rivisitazione realistica dell’amore e degli eventi quotidiani vista con gli occhi di un ventenne dalla lunga chioma e dal fascino un po’ underground.
Genere completamente diverso prende piede invece tra le sale prove di Valmontone e i locali di Roma, dove già qualche volta i “Nervous Accademy”, band composta da Stefano Latini, Germano Verzilli e Matteo Del Brusco, hanno dato del loro meglio. Un Hardcore punk melodico anni ’90 costellato di stop ‘n go e assoli, modellati da una voce tuttalpiù melodica ma allo stesso tempo dal timbro aspro. I testi abbracciano argomenti di carattere sociale e ideologico come per esempio il vegetarianesimo o lo sfruttamento e il maltrattamento degli animali.
Tanti sono i sognatori con i piedi fortemente attaccati sulle nuvole, sogni che il nostro paese con le sue iniziative cerca di incoraggiare il più possibile, non sempre si riesce, ma l’importante è l’arte fine a se stessa come arricchimento culturale di una generazione molto creativa come la nostra.                     



                                                                                                                                                   
                                                                                                                                           Camilla Salvi

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